Venerdì 24 Ottobre 2025

Conclave, la Germania trema all’idea di un Papa non progressista

Un pontificato "moderato" sarebbe un guaio per la ricca Chiesa tedesca che, da anni, invoca riforme radicali (e perde fedeli)

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Il conclave che eleggerà il nuovo pontefice, successore di Papa Francesco, ormai non è lontano. E c’è qualcuno che guarda a questo evento con forte preoccupazione. Si tratta della Chiesa tedesca e, più in generale, di una certa teologia mitteleuropea convinta che il cattolicesimo sia riformabile per decreto. La Germania, patria del “Cammino sinodale”, si avvicina infatti con una certa inquietudine alla possibilità che il futuro Papa non sia disposto a piegare la Chiesa alle sue istanze di modernizzazione. E si scopre improvvisamente vulnerabile: senza il favore del Pontefice, il castello delle riforme potrebbe rivelarsi costruito sulla sabbia. Già con Papa Francesco, si ricorderà, ci furono attriti con l’episcopato tedesco. Memorabile, al riguardo, rimane quell’«è cattolica?» scandito dal pontefice al termine di uno degli appuntamenti del viaggio in Lussemburgo e Belgio, quando il vescovo ausiliare di Treviri, monsignor Jörg Michael Peters, gli aveva portato i saluti della Conferenza episcopale tedesca. Si era trattato di una battuta, certo, ma comunque di un segnale di una tensione che neppure il vento riformista del papato bergogliano ha saputo attenuare; il che è tutto dire. Da anni, infatti, la Chiesa tedesca è agitata da un progetto di trasformazione radicale: abolizione del celibato, ordinazione femminile, benedizione delle unioni omosessuali, revisione della morale sessuale. Il tutto giustificato come risposta agli scandali degli abusi: una tesi che, come ha ben sintetizzato il Catholic Herald, confonde la medicina con il veleno. La vera crisi non nasce da una dottrina troppo rigida, ma da una fede troppo flebile, incapace di resistere alle mode del tempo. Ma chi porterà, oggi, la voce progressista della Germania in seno al conclave? Le possibilità in verità non è che siano poi moltissime. Certo, c’è sempre il cardinale Reinhard Marx - che nel 2021 aveva offerto le sue dimissioni a Papa Francesco per la gestione degli abusi a Monaco -, il quale è ancora una figura centrale. Ma c'è pure il cardinale Rainer Maria Woelki che, al contrario, è considerato una spina nel fianco dai progressisti, pur essendo anche lui sotto accusa per presunte omissioni. Una delegazione spaccata, dunque, lacerata da rivalità interne e priva di un progetto unitario. Il rischio, per la Chiesa tedesca, è pertanto duplice. Da un lato, che un prossimo Papa “non progressista” - e cioè cattolico, chioserebbero alcuni - riduca al silenzio le istanze di riforma radicale; dall’altro, che questa reazione porti a uno strappo definitivo, a uno scisma de facto già ventilato da alcuni esponenti del Sinodo tedesco. Sarebbe il colmo: voler riformare la Chiesa in nome della comunione, e poi romperla in nome della propria autonomia. Ecco che allora chi spera in un Papa disposto a “benedire” il Cammino sinodale, dunque, guarda con inquietudine alle possibili candidature più tradizionali. Eppure, nella Chiesa non si elegge un amministratore delegato, ma un successore di Pietro. Non serve un manager illuminato che gestisca (o peggio insegua) il consenso, bensì un pastore che confermi i fratelli nella fede. Ma forse è proprio questo il vero problema di parte della Chiesa tedesca: non sentire gran bisogno d'esser confermati nella fede. Anzi, non sentirne affatto. Del resto, non è forse crisi quella d'una chiesa ricchissima - in larga parte sostenuta dalla Kirchensteuer statale - che vede le chiese svuotarsi, le vocazioni crollare, i fedeli fuggire? È questa la “riforma” da esportare a Roma? Forse, più che temere un Papa non progressista, la Germania dovrebbe temere la propria hybris. E tornare a lasciarsi convertire, prima di voler convertire la Chiesa, portandola sulle proprie fallimentari orme (Foto: Imagoeconomica). ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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