Dal crinale interista, la finale di Champions League di sabato sera a Monaco, si presenta come una landa di amarezza e desolazione ( e uno scroscio di meme, video comici, nonne che ridono nei feed di tutti i social più utilizzati, ma tutto passa, non temete). E in effetti quella del 5 a 0 è già passata alla storia come la peggior sconfitta di sempre in una finale della massima coppa europea. Un record spetta dunque anche ai cari tifosi neroazzurri. E adesso lasciamoli in pace a leccarsi le ferite. Dal fronte dei vincitori, invece, giungono comprensibilmente note entusiaste, sorrisi, esaltazione. Ma soprattutto l'uomo partita del PSG, il giovanissimo Désiré Doué, responsabile di due delle cinque reti e di un assist decisivo per un terzo goal, ha voluto tirare in campo un altro Uomo decisivo per il match e, soprattutto, per la sua vita. Col fiato ancora corto per lo sforzo appena concluso, raggiunto dal giornalista che voleva raccogliere le sue prime dichiarazioni, ha scandito: «Ho solo una cosa da dire: il ringraziamento va a te, Signore Gesù Cristo». Il centrocampista francese di origine ivoriana non è nuovo a queste confessioni in campo aperto, e non è il solo, quasi esclusivamente dalla galassia dei cristiani evangelici, più coraggiosi e diretti nel testimoniare la propria fede nel Salvatore. Come non sono pochi quelli che si imbarazzano, si irritano, trovano sconveniente o, a essere benevoli, un po' infantile parlare di Gesù alla fine di una partita che non si giochi nel campetto dell'oratorio (che poi, quando mai?). Lo diceva già Vittorio Messori, nel suo epocale Ipotesi su Gesù: «Di Gesù non si parla tra persone educate. Con il sesso, il denaro, la morte, Gesù è tra gli argomenti che mettono a disagio in una conversazione civile.» Così leggiamo su kath.net: «Subito dopo la partita, ha attirato l'attenzione con i suoi gesti di preghiera in campo. Doué, nato in Francia il 18 gennaio 2006 e originario della Costa d'Avorio, ha iniziato la sua carriera calcistica allo Stade Rennais. Dopo essersi trasferito al Paris Saint-Germain nell'estate del 2024, si è rapidamente affermato come titolare fisso. Doué si distingue per la sua tecnica, la sua visione di gioco e la sua capacità di controllare il gioco. È considerato uno dei migliori giovani giocatori al mondo e ha già vinto l'argento con la nazionale francese alle Olimpiadi del 2024. » Dunque essere campioni ai massimi livelli, a quanto pare, non contrasta affatto con il nutrire e confessare apertamente la propria fede in Gesù Cristo. Quello di sabato scorso è il primo titolo UEFA Champions League nella storia del club parigino, una vittoria che anche l'allenatore, Luis Enrique, ha celebrato richiamando l'eterno con la dedica alla figlia Xana morta nel 2019 a causa di un cancro, contravvenendo anche lui alla raccomandazione delle persone per bene: la morte non è sempre un tabù, soprattutto quando è vissuta con una speranza certa che essa sia passaggio e non la parola definitiva sulla vita. Che non sia cool parlare di Cristo è confermato dal fatto che, invece, la dichiarazione di altre fedi, islamica per esempio o quella arcobaleno che, però, pare andare incontro a un rapido declino, è solitamente più digerito e anzi considerato o espressione di identità, che chiunque non sia cristiano ha il diritto di manifestare, o prova di coraggio (ma quando mai, se tutti soffiano nella stessa direzione e basta mettersi a favore di vento?) quando sposa cause inclusive imposte da lorsignori come ideali indiscutibili. Ma il vento, si sa, spesso cambia e può addirittura diventare un mormorio leggero, come quello che Elia riconobbe come segno della presenza di Dio. (Foto: Screenshot – Jnc Pro Channel, YouTube)
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