Card. Koch: «Il mondo non può darsi questa pace. Solo Dio ci dona quella vera»
Al Forum Benedetto XVI il porporato richiama i cristiani alla missione di portare nel mondo la pace che nasce dall’Eucaristia e dalla comunione con Dio. «Non c’è separazione tra liturgia e vita quotidiana»
La liturgia non è un momento separato dalla vita, e la pace che i cristiani ricevono da Dio non può restare chiusa nelle mura di una chiesa. È questo il cuore dell’omelia pronunciata dal cardinale Kurt Koch domenica mattina ad Altötting, nel Santuario bavarese dove si è concluso il "Forum Benedetto XVI", dedicato quest’anno al tema del "Senso del Sacro". Riflettendo sul Vangelo del giorno, tratto dal capitolo 10 di San Luca, il cardinale - recentemente intervistato sulle colonne della nostra rivista (qui per abbonarsi) - ha meditato sull’invio dei settantadue discepoli da parte di Gesù. «A prima vista», ha detto Koch, «il saluto che Gesù comanda ai discepoli di portare – “Pace a questa casa!” – può sembrare un gesto quasi ovvio. Ma non è così. Non si tratta di un semplice saluto umano, ma del saluto santo di Dio, il Santo per eccellenza, che si rivolge a noi esseri umani fragili e peccatori».
«La pace», ha proseguito, «è il dono più prezioso che Dio fa all’umanità. Ma non è una pace che ci possiamo costruire da soli. La pace vera è prima di tutto in Dio stesso, nella comunione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Per questo San Nicola di Flüe poteva dire: “La pace è sempre in Dio. Perché Dio stesso è pace”». Nel cuore della sua omelia, il cardinale ha tracciato un parallelo fra la missione dei discepoli e quella dei cristiani di oggi: «Come allora, anche noi siamo inviati nel mondo. Siamo chiamati a portare questa pace santa che ci viene donata nell’Eucaristia. La Santa Messa non è una parentesi della settimana, ma il luogo in cui incontriamo il Sacro e riceviamo la pace del Risorto. Non c’è un confine definitivo tra liturgia e vita», ha aggiunto citando Benedetto XVI. «La liturgia si estende oltre le porte della chiesa e raggiunge la vita quotidiana. O, meglio, trasforma la nostra vita quotidiana».
«La pace del mondo inizia nel nostro cuore», ha proseguito il porporato, «quando lasciamo che Dio vi abiti e vi tolga il peccato, che è il più grande ostacolo tra noi e il Santo. Solo chi vive in pace con Dio può poi vivere in pace con gli altri. Tutte le altre forme di pace – tra i popoli, nelle famiglie, nei rapporti di lavoro – non sono che riflessi di questa pace originaria». Richiamando il senso profondo del rito eucaristico, Koch ha evidenziato: «Nell’Eucaristia sperimentiamo ciò che San Paolo scrive agli Efesini: “Cristo è la nostra pace” (Ef 2,14). È per questo che la Messa è stata chiamata fin dai primi secoli semplicemente “Pax”, pace. La pace del Signore Risorto è il dono che riceviamo e che siamo chiamati a portare fuori nel mondo».
Particolarmente significative le sue parole sul saluto finale della Messa: «Quando il sacerdote dice “La pace del Signore sia con voi”, non è un augurio generico: è l’annuncio che la pace di Dio ci ha raggiunti. Ma questa pace non è solo per noi. Quando il sacerdote conclude la celebrazione dicendo “Ite, missa est”, ci sta mandando in missione. Non è solo un congedo: è un incarico. Siamo inviati nel mondo per portare ciò che abbiamo ricevuto». Per il cardinale svizzero, questa missione di pace non è qualcosa di facoltativo: «Non è un dovere che si aggiunge alla fede dall’esterno, come se fosse un peso in più. No, è la conseguenza logica e naturale della fede stessa. Chi ha incontrato Cristo non può non diventare strumento della sua pace nel mondo».
Koch ha poi commentato anche la situazione del mondo contemporaneo: «Basta guardare alle guerre, ai conflitti, ai rancori che dividono le nazioni e le famiglie. Ma basta anche guardare dentro i nostri cuori per accorgerci di quanta discordia vi abita. La pace che possiamo costruire con i nostri soli mezzi è fragile e insufficiente. La pace vera, quella che può sanare le ferite del cuore umano, viene solo da Dio».
Infine, ha ricordato che la liturgia è il luogo in cui questa pace si rende presente e accessibile: «Nella Santa Messa, quando preghiamo “Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace”, chiediamo proprio questa pace. Non una pace qualsiasi, ma quella del Cristo risorto, che ha riconciliato il mondo con Dio attraverso la croce e la risurrezione». Concludendo l’omelia e il Forum, il cardinale Koch ha lanciato un invito concreto: «Chi riceve questa pace non può trattenerla per sé. È chiamato a portarla nella famiglia, sul lavoro, nella società. Il nostro tempo, segnato da così tante crisi, ha bisogno di cristiani che non solo parlino di pace, ma la vivano e la diffondano, diventando testimoni credibili del Dio che è pace».
L’appuntamento annuale del "Forum Benedetto XVI", ospitato nella cittadina tanto cara a Joseph Ratzinger, si è così chiuso con un forte richiamo all’essenziale del cristianesimo: vivere ciò che si celebra, e portare nel mondo la pace che scaturisce dal cuore stesso di Dio (Foto: Imagoeconomica)
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