Gli inizi della Chiesa in terra germanica sono riconducibili all'instancabile azione di un sacerdote britannico, futuro martire, san Bonifacio; che dal Papa in persona ottenne l'incarico di evangelizzare quelle terre ancora tutte pagane. E fece in effetti un ottimo lavoro, animato da una solida fede e da una natura altrettanto robusta. Non ci sono tracce nei racconti e nelle leggende che lo riguardano di bilanci e tasse pretese al momento della conversione dei contadini che, folgorati dall'annuncio di salvezza dell'unico Cristo, chiedevano il Battesimo. Certo, al di là di una facile "operazione nostalgia", per cui nessuno di noi europei moderni potrebbe replicare nello stile e nei tempi la missione del primo vescovo di Germania, colpisce il fatto che i fedeli tedeschi contemporanei siano vincolati al versamento di una tassa ecclesiastica come condizione necessaria per accedere ai sacramenti. Un gettito fiscale che ha garantito una consistente ricchezza economica alle diocesi teutoniche e che, nonostante il continuo e inarrestabile abbandono della fede da parte dei cattolici del paese, lo scorso anno ha visto addirittura un significativo incremento.
Sul sito Pillarcatholic, sito americano di informazione sulla Chiesa cattolica, si legge infatti che «Le autorità ecclesiastiche hanno annunciato il 4 luglio che le 27 diocesi hanno ricevuto un totale di 6,62 miliardi di euro (circa 7,8 miliardi di dollari) tramite la tassa ecclesiastica nel 2024, rispetto ai 6,51 miliardi di euro (circa 7,6 miliardi di dollari) del 2023». Un aumento che non ha impedito alla conferenza episcopale tedesca di riconoscere la vera tendenza in atto e il suo impatto anche sui bilanci economici dell'apparato. «Beate Gilles, segretaria generale della conferenza episcopale tedesca, ha dichiarato il 7 luglio che i funzionari della Chiesa devono effettuare "tagli drastici" alle spese di un fondo comune noto come Associazione delle diocesi di Germania, citando un numero in calo di cattolici e una prevista diminuzione delle entrate fiscali della Chiesa. "Considerati il calo del numero dei fedeli e il previsto calo delle entrate fiscali ecclesiastiche, sono necessarie ambiziose misure di riduzione dei costi per la Chiesa in Germania. Ciò riguarda anche la Conferenza episcopale tedesca", ha affermato».Nel 2024, però, altri 321.611 cattolici hanno formalmente abbandonato la Chiesa; altre migliaia di fedeli che non verseranno più alcun contributo alle diocesi. In questo momento, dunque, si assiste a un paradosso per cui a fronte della continua emorragia di fedeli si registra un aumento delle entrate. Paradosso temporaneo che non ha fermato i responsabili della Associazione delle diocesi di Germania, la VDD, dall'annunciare drastici tagli alle risorse destinate a diversi progetti e beneficiari. La VDD è l'ente giuridico della Conferenza episcopale tedesca che riunisce le 27 diocesi economicamente indipendenti del Paese per finanziare progetti comuni. Tra questi anche il discusso - e discutibile - cammino sinodale.
Uno dei tanti indicatori di quella apertura che in troppi ancora si ostinano a ritenere necessaria a rendere appetibile la proposta cristiana. Il calo dei fedeli tedeschi, ahinoi, continua a confermare il contrario: non è il progressismo esasperato, non sono gli articolati progetti pastorali fatti per rincorrere il mondo a riportare pecore all'ovile, non sono le "aperture". Ciò che manca non è l'ascolto del mondo, forse, ma quello di Cristo e la fede in Lui, che non ha di per sé necessità di adattamenti, abbellimenti, camuffamenti per essere riconosciuto e amato (o odiato. È Dio stesso che rispetta e sollecita questa nostra libertà). E così il vento della secolarizzazione in Germania, come in molti altri paesi di lunga tradizione cattolica, soffia quasi indisturbato. Un "quasi" che lascia tutto lo spazio d'azione a un altro vento, quello dello Spirito.
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