Il caso Santi e l’arte radicale di usare la sofferenza per spingere l'agenda parlamentare
A pochi giorni dall'inizio dell'iter parlamentare della legge sul suicidio assistito, l'ennesimo caso. Dietro il velo della compassione, il marketing della disperazione: una strategia perfetta per spingere un testo che parla di come dare la morte ma si intitola "tutela della vita"
A pensare male si fa peccato, ma come diceva qualcuno, spesso ci si prende. E il tempismo dell’ultimo caso di suicidio assistito appare evidentemente studiato per esercitare sul Parlamento ulteriori pressioni in merito alla legge sul cosiddetto “fine vita” (chiamarla “legge sulla morte” pareva brutto e “suicidio assistito” avrebbe rischiato di aprire troppi occhi). La notizia viene battuta dall’Ansa alle 9.36 di ieri: «Perugia. La giornalista perugina Laura Santi, 50 anni, è morta a casa sua, nel capoluogo umbro dopo essersi auto-somministrata un farmaco letale. Era affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla. Accanto a lei, suo marito Stefano, che le è sempre stato vicino anche negli ultimi anni di battaglia sul fine vita. A darne notizia è l'associazione Luca Coscioni della quale è stata attivista. "Dopo anni di progressione di malattia e dopo l'ultimo anno di peggioramento feroce delle sue condizioni, le sue sofferenze erano diventate per lei intollerabili" sottolinea il marito».
A dare la notizia è sempre lei, l’Associazione Coscioni, braccio militante dei Radicali guidato da Marco Cappato, che da oltre vent’anni come dei novelli Caronte traghetta anime più o meno consapevoli alla morte meno libera che ci sia, quella zavorrata dal dolore più cupo e dalla solitudine più gelida. Ma lo fanno con un certo savoir faire, non c’è che dire, perché in fondo sono dei geni, del male. Il loro core business è manipolare il pensiero e orientare le opinioni.
Da Welby a Dj Fabo passando per Eluana Englaro la loro missione è quella di veicolare l'idea che quando la sofferenza è intollerabile, la fatica è insopportabile la risposta non è la cura, non è l’assistenza, non è la vicinanza, no: è il suicidio. Oppure anche l’omicidio del consenziente, altrimenti detta eutanasia, perché se la chiamassimo col suo nome proprio non affascinerebbe tre italiani su quattro e probabilmente nessun quotidiano ci commissionerebbe sopra dei sondaggi. Sono degli abili giocolieri lessicali, presentano come "dolce" una morte amara, e come altruista chi la vita la toglie. La propaganda si sa, lavora con le parole.
A questo giro la Associazione Coscioni si premura di farci sapere che la donna si è “autosomministrata un farmaco”, ma tecnicamente un farmaco, o medicinale, è una sostanza o una combinazione di sostanze utilizzata per curare o prevenire malattie, quindi la signora ha ingerito un composto letale, ossia un veleno. La notizia è che una signora di 50 anni si è avvelenata e nessuno la ha fermata, anzi. Il veleno è stato preparato da terzi, i quali non hanno semplicemente “assistito” al suo suicidio, perché “assiste” ad un suicidio chi si trova a passare sotto ad un balcone da cui un disperato si butta schiantandosi al suolo, qui il suicidio è stato organizzato e apparecchiato in tutti i minimi dettagli e ora viene celebrato dalle vestali della morte procurata. Ovviamente nessuna procura aprirà inchieste in nome della “libbbertà”. La Nazione titola «Chi era Laura Santi e la sua storia tra amore per la vita e libertà di sceglierne la fine», Huffingtonpost «Laura Santi, sinonimo di vita e libertà: la sua ultima lezione sul diritto di scegliere», l’Unione Sarda «Laura Santi, l’ultima libertà», Fanpage «Suicidio assistito, Laura Santi è morta nella sua casa di Perugia: “Dobbiamo essere noi a decidere” ».
Atea, “sbattezzata”, consigliera dell’Associazione Coscioni, Laura Santi nella sua ultima lettera scriveva così: «Fate lo sforzo di capire che dietro una foto carina sui social, dietro il bel sorriso che potevate vedere giusto un'ora strappato alla routine e ai sintomi in una occasione pubblica, sempre più rara, dietro c'era lo sfondo di una quotidianità dolorosa, spoglia, feroce e in peggioramento continuo. Una sofferenza in crescita giorno dopo giorno. La situazione è stata in evoluzione per anni, poi in tempo reale gli ultimi mesi e settimane. Mio marito Stefano e le mie assistenti l'hanno vista, loro e solo loro e anzi, neppure loro, per forza di cose, potevano essere grado di capire cosa sentissi nel mio corpo, quanto male sentissi, quanta fatica sempre più totalizzante. Non riuscire più a compiere il minimo gesto. Non più godere della vita, non più godere delle relazioni sociali. Che è quello che fa per me una vita dignitosa».
Dunque questa donna tutto era, purtroppo, tranne che libera, la sua decisione era irrimediabilmente condizionata dal dolore in cui viveva, può essere libero chi sente solo e soltanto un dolore atroce interminabile? Certamente no, e i Radicali lo sanno, e sanno che l’Associazione Coscioni può accompagnare su una strada dove non scompare il dolore, ma scompare il malato. E' una strada paziente, che passa per esposti, tribunali, giudici e sentenze e una sapiente strategia di marketing.
Sanno anche che chi leggerà di Laura Santi non si interrogherà sugli altri 130.000 malati di sclerosi multipla nel nostro paese che vogliono vivere, ma vedrà acuirsi il suo terrore del dolore e sarà disposto a tutto pur di trovare una via d’uscita, sia per il dolore fosse proprio che per quello di un proprio caro. Piuttosto che soffrire così, piuttosto che dover star inchiodati ad un letto, meglio morire, piuttosto che assistere mia madre, mio padre, mio figlio inchiodato ad un letto meglio “aiutarlo a morire”. Che incredibile gesto di altruismo, no? Quante persone già oggi pensano questo? E quante in più lo penseranno domani, se dovesse passare la legge sul cosiddetto suicidio assistito? Certamente molte di più. “Se è legale, è giusto”, penseranno, la legge fa cultura e l’Italia è sulla soglia di aprire l’ennesima porta alla cultura della morte con il testo in discussione, si fermi se non vuol essere un novello Caronte, batta un colpo chi non vuol esser complice… (Foto: Ansa)
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