E ci risiamo. Per non meglio illustrate ragioni di bilancio «lo stato di Washington non pubblicherà più dati sul numero di persone che scelgono di morire tramite suicidio assistito». Il Dipartimento della Salute dello Stato di Washington ha ritirato infatti il suo rapporto annuale sulla morte assistita, lo riporta il Telegraph. Nonostante la legge stabilisca l'obbligo di dichiarare il numero dei decessi avvenuti ogni anno indicando non solo età, dati demografici ma anche le cause, compresa quindi la morte assistita, con la consueta pietas di circostanza «il servizio sanitario ha affermato di aver preso la "difficile decisione" di sospendere la produzione del rapporto per liberare il personale e "dare priorità alla sicurezza dei pazienti e ad altri lavori critici"». I report sul numero di pazienti che chiedono o, come si teme, sempre più sono spinti o subiscono il suicidio assistito sarebbero un importante baluardo contro i crescenti abusi nell'applicazione della legge, già di per sé immorale. Ciò che temono gli attivisti è che sempre più persone vulnerabili vengano costrette a porre termine alla propria vita. La legge, denominata Death with Dignity Act, entrata in vigore nel 2009 si proponeva di regolamentare l'accesso al suicidio assistito per pazienti adulti affetti da una malattia in fase terminale con una prognosi di sei mesi o meno, sollevando il medico dall'obbligo di somministrazione del farmaco e imponendo quello di presentare alternative, come le terapie per il controllo del dolore, insieme a supporto psicologico per il paziente e la famiglia. Il testo insiste nel distinguere questa pratica dall'eutanasia perché è solo il paziente che decide di porre fine alla propria vita ed è sempre il paziente ad auto somministrarsi il farmaco letale. Secondo le intenzioni del legislatore un segno di alto valore civico. Nel testo di legge erano stati diligentemente disegnati, con la penna cancellabile evidentemente, i soliti paletti: età minima, piena consapevolezza, condizioni cliniche gravi verificate, piena avvertenza. Va detto: già a queste condizioni l'esercizio di un simile diritto non ha senso, se non quello di tragico sollievo per chi soffre intensamente ed è solo o decide, pervicacemente o disperatamente, di sottrarsi alla vita e al suo mistero che il dolore tanto acuisce.
La sospensione del rapporto annuale sui dati dei decessi, quindi, fa parte di questo prevedibile gioco allo sfascio per cui se può suicidarsi un paziente oncologico in fase terminale, perché mai non potrebbe farlo una persona depressa oppure un giovane affetto da altri disturbi psichici; o perché non un bambino che magari sta sopravvivendo nonostante la sue condizioni "incompatibili con la vita", se c'è un adulto che garantisca per lui. E perché farla tanto lunga: lo ha chiesto, non lo ha chiesto, forse avrebbe voluto, forse sta agli altri convincerlo che è "nel suo migliore interesse". Nel dubbio spostiamo risorse su altre priorità, dice il Dipartimento.
"Quando lo Stato è coinvolto nella morte prematura dei propri cittadini, la trasparenza non è facoltativa, è essenziale. Ma senza dati completi e accessibili sul suicidio assistito, il pubblico non può sapere se i casi siano in aumento o in calo, o se i gruppi vulnerabili siano colpiti in modo sproporzionato", ha affermato Rebecca Vachon, direttrice del dipartimento Salute di Cardus. Ha ragione, scrupolosa direttrice. Soprattutto quando aggiunge che il tema vero è che lo Stato non avrebbe mai dovuto essere coinvolto nella morte procurata dei propri cittadini. I limiti che si vogliono mantenere, adesso, hanno tutta l'aria di essere una barriera di cartone messa a protezione di una diga che sta già cedendo.
Invece chi ha spinto per la legge spinge anche perché la società non sappia davvero gli effetti devastanti che sta ingenerando. "Quindi, non si tratta solo di una questione di dati; è una questione di vita o di morte. Se c'è qualcosa che deve essere tagliato, è il suicidio assistito in sé, non il diritto del pubblico di sapere." Eccola, dunque, l'onda di piena o almeno quella che si riesce a misurare: da quando è stata approvata la legge, il numero di persone nello Stato che ogni anno hanno optato per un suicidio assistito è aumentato di oltre il 500%, arrivando a 524 persone, secondo i dati del 2023. E sempre di più sono persone con una disabilità a farne richiesta, perché schiacciate dall'idea di essere un peso per via dei costi esorbitanti dei trattamenti terapeutici. Chissà chi glielo ha fatto credere. (Foto: Pexels.com)
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