Lunedì 15 Dicembre 2025

Tristezza d’agosto vade retro

Perché in vacanza forse per qualcuno la tristezza può essere in agguato più che in altri momenti

miriano

Qualche sera fa chiedevo a un sacerdote che stimo molto quale fosse in questo nostro tempo, a suo parere, il più diffuso degli otto pensieri maligni (secondo la tradizione orientale, mentre nella nostra abbiamo i sette peccati capitali). Mi ha risposto senza alcuna esitazione: la tristezza (che peraltro nella tradizione occidentale non è previsto).

Lo penso anche io (quindi, come direbbe la maglietta che mi ha regalato mio marito: «Anche secondo me ho ragione io»). Basta guardare, per dire una banalità, le facce della gente in fila al supermercato, per strada, in mezzo al traffico. Facce quasi sempre meste, rassegnate, di chi dimentica tutta una serie di benefici di cui sta godendo: gente che è viva, che ha ricevuto un corpo, spesso sano, che può fare cose, che ha del tempo di cui disporre, gente che può scegliere tante cose. Non tutto, ma può scegliere come corrispondere alle circostanze in cui sta.

In vacanza, poi, forse per qualcuno la tristezza può essere in agguato più che in altri momenti. Perché molte persone la soffocano dentro un lavoro fatto in modo bulimico, affannoso (modalità Leopardi, «matto e disperatissimo»). Altri invece attribuiscono al lavoro tutti i mali, agognando le vacanze, salvo poi accorgersi, quando arrivano, che il problema non era il lavoro (modalità Leopardi, Sabato del villaggio). E così la vacanza… svela tutto il suo vuoto.

Mi ricordo che lo pensavo anche da ragazzina, quindi sono certa che non sia la tristezza di questa età: ricordo bene cosa mi trovassi a pensare quando stavo in giro fino a notte fonda, con l’imperativo di divertirmi. «Ma perché sono qui? Ma chi me lo ha fatto fare?». Per me è chiarissimo che l’unica cosa che toglie la tristezza – che viene sempre da una mancanza di possesso – è decidere di dare la vita. Sicuramente le notti passate ad allattare, a ninnare bambini… avevano un’allegria che nessuna discoteca potrà mai imitare. Ma ci si può spendere in tanti modi.

Ogni volta che diamo la vita – un pezzetto per volta o tutta insieme – a qualcuno, la vita si riempie, perché più la dai, più ti ritorna. Quando Gesù dice che chi vuol salvare la propria vita la perde, parla anche di questo. Quando metti un vecchio in ospizio perché vuoi tenerti la tua vita, quando abortisci perché vuoi tenerti la tua vita, quando aiuti qualcuno a morire… la tristezza allunga sempre più la sua ombra su quella vita che non volevi perdere.

Riposare in vacanza va benissimo, anche Dio riposa ed è sano farlo, è buono e necessario. È un dovere prima di tutto verso noi stessi. Ma proviamo a ricordarci anche di non tenere tutto per noi, e quello che è per noi riempiamolo anche di preghiera, magari visitando una città o facendo un’arrampicata o un bagno. Stando nella nostra vacanza non come predatori che devono tenersi stretto un regalo il più possibile, ma come beneficiari che cercano il modo di condividerlo. Allora la tristezza, anche di un agosto cittadino, passerà.

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