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Anchorage: la vittoria simbolica di Putin e il paradosso europeo
Trump e Putin hanno riaperto un canale di dialogo, senza però risultati concreti. L’Europa resta spettatrice, mentre la prospettiva di pace passa da compromessi inevitabili
16 Agosto 2025 - 08:29

Il vertice di Anchorage tra Donald Trump e Vladimir Putin non ha portato alcuna svolta per la guerra in Ucraina. Nessun cessate il fuoco, nessuna road map di pace, nessuna concessione tangibile. Eppure, il risultato politico è chiaro: Putin è riuscito a rompere l’isolamento e a presentarsi di nuovo come attore legittimo sullo scacchiere globale.
Per Trump, l’incontro è stato presentato come “produttivo”, ma di fatto si è tradotto in una passerella priva di sostanza. Per Putin, invece, il semplice fatto di sedere da pari con il presidente americano è stato un successo: una vittoria simbolica che rilancia la sua immagine internazionale senza dover cedere nulla sul campo di battaglia.
Si è parlato di “ritorno della diplomazia”. Certo, non è ancora la pace e non c’è stato alcun passo concreto sul terreno, ma resta comunque un fatto positivo. Come ha ricordato papa Leone XIV, “i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace”. In questo senso, le dichiarazioni finali dei due leader, che hanno lasciato intendere la possibilità di nuovi incontri, non vanno liquidate come semplice formalità, ma come il segnale di un canale che si è riaperto.
Il dato più inquietante, però, è un altro: né l’Ucraina né l’Europa erano presenti al tavolo. Kiev, che combatte e conta i morti, resta spettatrice di un negoziato che riguarda direttamente il suo destino. Bruxelles, che finanzia lo sforzo bellico e paga il prezzo più alto delle sanzioni, continua a rimanere ai margini. È il paradosso di un continente che sostiene ma non decide, che paga ma non conta.
Gli scenari possibili oggi comprendono un congelamento del fronte, con una guerra trasformata in conflitto a bassa intensità; un accordo territoriale, con la formalizzazione delle conquiste russe in cambio di garanzie e alleggerimento delle sanzioni; oppure un ritiro negoziato di Mosca, ipotesi per ora remota senza una svolta militare o pressioni economiche decisive. In ogni caso, la prospettiva di una pace passa inevitabilmente per un compromesso, perché tutte le guerre finiscono così, con accordi che riflettono i risultati ottenuti sul campo.
Il summit di Anchorage dimostra che le decisioni che plasmeranno il futuro dell’Europa si prendono altrove, e senza l’Europa. Se Bruxelles non saprà recuperare peso politico e autorità diplomatica, rischia di ritrovarsi ancora una volta non al tavolo, ma nel menu.
(Foto Ansa)