Giovedì 23 Ottobre 2025

Casa Bianca, Trump assicura difesa a Kiev (e procede verso la pace)

Buon esito al vertice di ieri, alla presenza anche dell’Ue, ridotta a comprimaria. Putin apre al bilaterale con Zelensky

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È stata definita una «riunione di crisi in tempo di guerra», ma il vertice tenutosi nelle scorse ore alla Casa Bianca tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, accompagnato – qualcuno, ironizzando, ha detto «scortato» dai vertici Ue e della Nato -, potrebbe essere davvero un primo, concreto passo verso la pace in Ucraina. All’incontro hanno preso parte, oltre al leader ucraino e al presidente americano, anche il vicepresidente JD Vance, il segretario di Stato Marco Rubio, l’ex tesoriere Scott Bessent; mentre la citata compagine «in trasferta» era composta da numerosi leader europei quali il premier britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la premier italiana Giorgia Meloni, il presidente finlandese Alexander Stubb, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il segretario generale della Nato, Mark Rutte. Diciamo subito che il clima, rispetto all’incontro di febbraio – nel corso del quale tra Trump e Zelensky ci furono, come noto, autentiche scintille – è stato molto diverso. Il Presidente americano ha difatti anzitutto elogiato la sobria eleganza di Zelensky (presentatosi in abito nero), mentre il leader di Kiev si è profuso in un numero singolare di ringraziamenti (sono stati conteggiati fino quattro «grazie» in 10 secondi, ai limiti dell’apnea). Elogio a profusione sono inoltre arrivati, all’indirizzo di Trump, dagli altri ospiti: «Hai sbloccato la situazione avviando il dialogo con Putin» (Rutte); «La strada è aperta. L'hai aperta venerdì scorso» (Merz); «Fermate le uccisioni. Questo è davvero il nostro interesse comune» (Von der Leyen); «È un giorno importante, una nuova fase» (Meloni); «Grazie per aver organizzato questo incontro e per il suo impegno» (Macron); «Oggi sarà considerato un giorno molto importante» (Starmer); «Nelle ultime due settimane abbiamo probabilmente fatto più progressi nel porre fine a questa guerra che negli ultimi tre anni e mezzo» (Stubb). Mancava giusto solo qualche esclamazione di fantozziana memoria - «È un bel direttore, è un santo, un apostolo!» -, dopodiché gli elogi verso Donald Trump sarebbero stati al completo. Battute a parte,  ad onore del vero non è mancato qualche momento di divergenza. Per esempio, specie Macron e Merz hanno insistentemente richiesto una tregua prima di avviare i negoziati, definendola imprescindibile, mentre il presidente americano - pur mostrando apertura verso delle garanzie, cosa ripresa subito da tutti i media internazionali come notizia di rilievo - ha espresso scetticismo sulla cessazione immediata delle ostilità. Ciò detto, Donald Trump si è sicuramente imposto non solo come padrone di casa (quello vera ovvio), ma anche come regista quasi unico dei negoziati (quello forse era meno ovvio, ma è ormai innegabile), arrivando anche ad esibire a tutti i presenti, non solo a Zelensky, una bella mappa ucraina nello studio Ovale con indicate le «aree di controllo» (e non di «occupazione») come «Russia» e le altre come «contese». Una mappa che, così impostata, è stata letta da molti come un bagno di realismo inflitto a tutti i presenti. Rispetto proprio a questa mappa, appare evidente che Trump sia partito dalla situazione sul campo e, per la prima volta, sembra chiaro che la «pace possibile» parte dal presupposto di concedere ai russi dei territori. Non a caso, prima del vertice Trump ha ricordato che l’Ucraina non recupererà la Crimea né entrerà nella Nato. Un bagno di realismo – questo sì – che, auspicabilmente, rappresenterà una via dolorosa, ma concreta, per provare a porre fine a una carneficina che ha lasciato sul campo centinaia di migliaia di vite umane. Stiamo evidentemente parlando, inutile negarlo, d’una strada - per quanto scoscesa - che si dimostra l'unica percorribile, con buona pace di quanti per anni (e molti, ieri, erano proprio alla Casa Bianca…) non hanno fatto che ricordare le indubbie responsabilità della Russia, aggiungendoci il mantra della «pace giusta», mantra che ieri, stranamente, è stato eclissato dai pubblici elogi al presidente americano. Ciò detto, va anche sottolineato che, se l'ingresso Nato dell'Ucraina è un aspetto non negoziabile per Putin – nonché una delle cause dell’invasione russa -, da quanto avvenuto a Washington pare stia prendendo corpo la possibilità di una protezione, per l’Ucraina, come da articolo 5 della Nato, una sorta cioè di impegno alla sicurezza del Paese senza che esso entri formalmente nella Nato; il che (benché sia improbabile l'unanimità dei 32 soci) sarebbe degno di nota perché è una proposta avanzata dalla premier Meloni e dall’Italia. Staremo ora vedere se, sulla base di queste premesse, in che termini e modalità avrà luogo la prossima tappa dei negoziati, con Putin che ha già detto «» ad incontro bilaterale con Zelensky, che dovrebbe tenersi peraltro a breve, entro agosto. Quel che appare certo, o comunque almeno molto probabile, è che dopo l’incontro del 15 agosto – e ancor più dopo quello di ieri – la pace in Ucraina sembra davvero più vicina, così come più vicino sembra il giorno in cui smetteranno di essere perse vite umane nel conflitto. Ed è questa, in fondo, la cosa davvero importante. (Foto: Ansa). ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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