Diffondere una notizia falsa è facile. Lasciarla sedimentare nelle persone è estremamente più semplice che estirparla, soprattutto se ha un titolo sensazionalistico e parla male della Chiesa cattolica. Forse però dopo più di quattro anni e nemmeno una prova si inizia a dubitare: era il 27 maggio 2021 quando uscì uscita la notizia dei 215 bambini indigeni seppelliti sul terreno di una ex scuola cattolica nella Columbia Britannica. La fonte era l'annuncio, da parte del capo indiano della tribù di Kamloops, Rosanne Casimir, di “anomalie del suolo” rilevate dagli apparecchi georadar. La storia ha fatto il giro del mondo diventando una prova (senza aspettare ulteriori indagini) del cattolicesimo genocida che rapiva i bambini nativi per ucciderli o indottrinarli.
Sulla rivista cartacea del Timone - a cui è possibile abbonarsi qui -già nel 2024 smascheravamo ampiamente la bufala. Dopo investimenti governativi milionari sulle indagini, che non hanno prodotto risultati, e dopo vari casi di licenziamenti o dimissioni forzate nei confronti di chi metteva in discussione le accuse, anche in Canada si sono convinti a dubitare: un sondaggio dell'Anguis Reid Institute rivela che il 63% dei canadesi (e il 56% degli indigeni) reputa necessario il ritrovamento di ulteriori prove per accettare che sul sito siano seppelliti dei bambini. Inoltre, il 63% si oppone a licenziamenti o punizioni per i “negazionisti” delle tombe, con solo il 24% che si dichiara a favore. Persino tra gli indigeni i contrari (45%) sono leggermente maggiori dei favorevoli (42%).
Anche il governo canadese si era posto in prima linea ad accusare i cattolici: Justin Trudeau aveva annunciato il lutto nazionale, con le bandiere a mezz'asta, e promesso che sarebbe stata fatta luce anche su tutte le altre scuole residenziali indiane che cattolici e anglicani hanno gestito tra il 1883 e il 1996. Invece non è stato trovato nulla nemmeno nella scuola di Kamloops, nonostante le costosissime indagini finanziate dai contribuenti. Il governo è stato quindi obbligato a una silenziosa ritrattazione per salvare la faccia. Anche se se in diminuzione, la maggioranza (52%) continua a reputare le scuole residenziali una forma di genocidio, con solo il 36% è in disaccordo.
Gli storici dicono, in realtà, che non c'è mai stato nessun progetto genocida in queste scuole, e che se ci sono stati morti erano in numero molto minore e le cause erano le condizioni igienico-sanitari, per le quali era responsabile anche e soprattutto il governo canadese. In più, i bambini indigeni che hanno frequentato gli istituti erano solamente il 30% del totale. E se una parte dei canadesi inizia a pretendere la verità, è comunque curioso vedere una grossa fetta che urla al genocidio: quando c'è di mezzo il pregiudizio anti-cattolico, anche il Paese dell'eutanasia di massa si riscopre sostenitore e difensore della vita umana e del suo valore intrinseco. (Foto: Ansa/Pexels.com)
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