Papa
Leone XIV: «Quando è in gioco la verità, un politico cattolico deve dire “no, non posso!”»
Il Papa richiama i politici cattolici alla coerenza: «Non c’è separazione tra fede e impegno pubblico»
28 Agosto 2025 - 14:05

C’è una frase, nel discorso che Leone XIV ha rivolto alla delegazione francese in visita in Vaticano, che resterà incisa nel dibattito ecclesiale e politico: «Un politico cattolico, quando è in gioco la verità, deve avere il coraggio di dire: “no, non posso!”».
Parole semplici, ma che pesano come pietre in un tempo in cui la politica sembra vivere di compromessi e di mezze verità, e in cui anche la fede, spesso relegata a fatto privato, fatica a permeare la vita pubblica.
Una fede che non si può spegnere
Questa mattina accogliendo gli eletti e le personalità civili della diocesi di Créteil, Leone XIV ha tracciato un profilo preciso di ciò che dovrebbe essere un politico cattolico: un uomo o una donna «che, sotto lo sguardo di Dio e della sua coscienza, vive i propri impegni e le proprie responsabilità in modo cristiano».
Non è un invito generico, ma un richiamo forte a non scindere ciò che si crede da ciò che si fa. «Non c’è, da una parte, il politico e, dall’altra, il cristiano – ha detto –. Ma il politico che, unito a Cristo, agisce nella società con fede e responsabilità».
È un monito che parla a tutti i livelli: ai parlamentari che scrivono leggi, agli amministratori locali, persino a chi, nel quotidiano, esercita un’autorità civile o sociale. Perché, come ha ricordato il Papa, «senza Cristo non possiamo far nulla» (Gv 15,5).
Il coraggio dei “no”
Il discorso ha un cuore preciso: la necessità del coraggio. Coraggio di dire la verità, di difenderla, e – se serve – di opporsi. «Hanno bisogno di coraggio – ha detto il Papa –: il coraggio di dire a volte “no, non posso!” quando è in gioco la verità».
Un richiamo che suona quanto mai attuale, se si guarda alle sfide che attraversano le società occidentali: leggi sull’aborto e sull’eutanasia, ideologie che ridefiniscono la famiglia e l’identità, politiche economiche che ignorano i più fragili, derive culturali che anestetizzano la coscienza collettiva.
Eppure, Leone XIV non è mai moralista né settario. Non invita a chiudersi, ma a radicarsi nel Vangelo per operare nel mondo con uno sguardo capace di umanità: «Il cristianesimo non è una devozione privata – ha detto – ma un modo di vivere nella società, permeato dall’amore per Dio e per il prossimo, che in Cristo non è più un nemico ma un fratello».
Il nodo della coerenza
Le parole del Papa arrivano in un tempo di forti tensioni nella Chiesa e nella politica. In Francia, il voto per inserire il “diritto” all’aborto nella Costituzione ha diviso la coscienza pubblica e riacceso il dibattito sul ruolo dei cattolici in politica. Negli Stati Uniti, la questione della coerenza eucaristica continua a scuotere l’episcopato e la base: il caso di Nancy Pelosi, a cui l’arcivescovo Cordileone ha negato la Comunione per il suo sostegno alle leggi pro-choice, o quello di Joe Biden, spesso criticato ma mai formalmente escluso, hanno mostrato una frattura non solo pastorale, ma culturale. In Italia il recente dibattito sul ddl cosiddetto "fine vita" ha risollevato la questione sulla coerenza dei politici che si dichiarano cattolici e il loro voto su materie che richiamano appunto all'antropologia cristiana.
Il Papa, pur senza citare nomi o casi specifici, sembra indicare una strada chiara: la coerenza personale. Non uno scontro ideologico, ma un discernimento profondo, che porta il politico cattolico a radicare ogni decisione nel Vangelo. «Non abbiate paura – ha detto – di proporre e difendere con convinzione la dottrina sociale della Chiesa: è una dottrina di salvezza, che mira al bene di ogni essere umano».
Il rischio del silenzio
Il Pontefice non ignora le pressioni. Parla di «colonizzazioni ideologiche», di logiche di partito, di un clima culturale che marginalizza Cristo e la Chiesa. E invita a non cedere al silenzio o al compromesso sterile.
Perché il rischio più grande, sembra dire Leone XIV, è quello di una fede che smette di illuminare il presente, ridotta a sentimento privato. «Valori evangelici svuotati di Cristo – ha ammonito – sono impotenti a cambiare il mondo».
Un richiamo profetico
Questo discorso non è solo rivolto a una delegazione francese: è un appello universale. È il richiamo a una politica che non abbia paura della luce del Vangelo, che non rinunci a portare in Parlamento, nei consigli comunali, nelle istituzioni, la voce della coscienza.
E, in filigrana, è anche un monito alla Chiesa: il tema della coerenza non è questione di formalismi canonici, ma di credibilità. Quando un politico cattolico afferma con orgoglio la propria fede ma poi promuove leggi in aperto contrasto con essa, la contraddizione non è solo personale: è pubblica, e ferisce il tessuto ecclesiale.
Il futuro della politica cattolica
Leone XIV chiude con un augurio e una benedizione, ma anche con una certezza: la speranza non è un’illusione. «Mantenete la speranza di un mondo migliore; mantenete la certezza che, uniti a Cristo, i vostri sforzi porteranno frutto».
In un’epoca in cui la politica vive di pragmatismo e di slogan, queste parole suonano come un invito a ritrovare il senso profondo del servizio. Perché solo politici «uniti a Cristo» potranno trasformare davvero il mondo.
E, forse, solo allora, il coraggio di dire «no, non posso» non apparirà più come un gesto isolato, ma come il segno di una nuova stagione di autenticità cristiana nella vita pubblica. (Foto Imagoeconomica)