Venerdì 24 Ottobre 2025

Frassati e Acutis santi, ecco cos’è l’identità cristiana

Con la canonizzazione di Frassati e Acutis la Chiesa indica nei due giovani santi la risposta più chiara alla ricerca di identità cristiana: vivere il Vangelo senza compromessi, vivere nella verità e non nella menzogna

ansa canonizzazione

C’è un linguaggio che non inganna: quello della santità. Non è fatto di slogan, di rivendicazioni o di polemiche, ma di vite trasformate. La Chiesa ieri ha canonizzato due giovani, Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, che senza proclami hanno dato la risposta più limpida alla domanda che agita tanti dibattiti: che cosa significa essere cristiani oggi?

L’identità cristiana non si difende come un marchio, né si ridefinisce a colpi di assemblee o campagne mediatiche, peggio ancora seguendo ideologie mondane. L’identità cristiana si riceve. È grazia accolta e corrisposta. È dire, come ha fatto Agostino dopo mille esitazioni: “Voglio te”. È spogliarsi, come Francesco d’Assisi, delle false sicurezze per seguire il Signore. È scoprire, come Carlo Acutis, che “davanti al sole ci si abbronza, davanti all’Eucaristia si diventa santi”. È comprendere, come Pier Giorgio Frassati, che “se avrai Dio per centro di ogni tua azione, allora arriverai fino alla fine”.

Questi due ragazzi non hanno cercato di “costruirsi un’identità”, parola tanto inflazionata, ma hanno lasciato che Cristo fosse la loro identità. Per questo oggi la Chiesa li propone come santi. Pier Giorgio ha vissuto la fede nel cuore della società torinese, tra i poveri che serviva caricando carretti di aiuti, tra i compagni universitari che lo prendevano in giro chiamandolo “Impresa Trasporti”. Carlo, invece, ha portato il Vangelo dentro la cultura digitale, costruendo una mostra sui miracoli eucaristici che ha fatto il giro del mondo. Due epoche diverse, due mondi differenti, ma lo stesso sì pronunciato davanti a Dio.

In questi giorni Roma ha visto anche altro: discussioni e contrapposizioni sul cosiddetto “giubileo Lgbt”, con un clamore sproporzionato. Eppure, davanti a due volti giovani che hanno fatto della fede la loro ragione di vita, tutto quel rumore appare secondario. Perché la santità smonta i palcoscenici delle ideologie e delle etichette e mostra l’essenziale: il Vangelo è sempre chiamata a conversione. “Il rischio più grande della vita" – ha ricordato Papa Leone XIV – "è quello di sprecarla al di fuori del progetto di Dio”.

La santità non è una teoria. Non è nemmeno un traguardo riservato a pochi eletti. È il frutto di una relazione viva con Cristo, che chiede tempo, pazienza, umiltà. È lasciarsi cambiare, educare, talvolta ferire, ma sempre per essere ricostruiti nella verità e nella carità, mai nella menzogna. È accettare che la fede non si pieghi ai capricci o alle emozioni del momento, ma ci chiami a una misura più grande, quella del Vangelo: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv, 14, 21).

Frassati e Acutis ci ricordano che la santità è possibile nella giovinezza, nella vita laicale, tra studio, amicizie, sport, politica. Non è evasione, ma incarnazione. Non è fuga dal mondo, ma seme che trasforma il mondo dall’interno. Il loro segreto? "Non io, ma Dio".

“Verso l’alto”, scrisse Pier Giorgio sotto una foto in montagna. E Carlo amava ripetere: “Il Cielo ci aspetta da sempre”. Non c’è manifesto più chiaro dell’identità cristiana. Non è un titolo da difendere, ma una direzione da seguire. E se vogliamo davvero sapere chi siamo, non ci resta che guardare a loro e, come loro, alzare lo sguardo. (Foto Ansa)

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