Pregare in pubblico potrebbe “turbare l'ordine pubblico” o la laicità dello stato. È questa l'idea folle dietro l'inquietante disegno di legge che il governo del Québec proporrà nella prossima sessione parlamentare autunnale. La proposta è quella di vietare le pratiche religiose collettive o visibili in tutti gli spazi pubblici, per “preservare la laicità dello stato” contro il proliferare delle preghiere di strada nella regione nell'ultimo periodo, principalmente degli islamici. Se passasse, sarebbero vietate anche le processioni pubbliche o dire il rosario.
Il Québec non è nuovo a questo “estremismo laicista”: nel 2019 è stato vietato ai dipendenti pubblici in posizione di autorità, come giudici, poliziotti o insegnanti, di indossare simboli religiosi. Nel 2023 invece sono stati vietati gli oratori nelle scuole pubbliche. Secondo i sondaggi anche buona parte della popolazione è favorevole alla misura, specialmente gli elettori di Coalition Avenir Québec (CAQ), il partito di governo che ha avanzato il disegno e che ha una solida maggioranza nell'Assemblea nazionale per approvarla. La provincia canadese, un tempo fortemente cattolica, è tristemente diventata una roccaforte del laicismo con la cosiddetta “rivoluzione silenziosa” che negli anni '60 ha eroso qualsiasi presenza cristiana nella vita pubblica.
Ma il Québec non è un caso isolato. Da anni in molti paesi anglosassoni (tutto il Regno Unito, l'Australia e in alcuni stati americani) sono state create delle “zone cuscinetto”, in cui è vietato pregare, intorno agli ospedali o le cliniche in cui si effettuano aborti. Ne abbiamo parlato approfonditamente sulle pagine della rivista cartacea, a cui è possibile abbonarsi qui. L'arcivescovo di Montréal, monsignor Christian Lépine, si è scagliato contro la proposta di legge, sottolineandone l'incompatibilità non solo con la Carta canadese dei diritti e delle libertà ma con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, e sulla stessa linea si è schierato il presidente dell'Assemblea dei vescovi cattolici del Québec, Martin Laliberté.
Ma le voci preoccupate non sono solo cattoliche, anche il Canadian Muslim Forum ha affermato che il divieto minerebbe la libertà di espressione e favorirebbe l'esclusione e la stigmatizzazione delle comunità religiose. La Canadian Constitution Foundation ne ha già evidenziato l'incostituzionalità, poiché violerebbe il diritto alla libertà religiosa. In effetti il Québec per attuare la legge dovrebbe usare la “clausola di non conformità” che permette alle province di sospendere le tutele costituzionali, cosa già avvenuta quando sono state approvate le precedenti misure anti-religiose.
Viene fatto in nome del liberalismo e del laicismo ma a dire il vero ricorda molto più la repressione e l'ateismo di stato. E ricorda anche ai cristiani che se la preghiera non avesse nessun valore non la si vorrebbe vietare. San Filippo Neri diceva che “il nemico della nostra salvezza di nessuna cosa più si contrista che della preghiera, e nessuna cosa cerca di più che impedirla”. In questo senso il governo del Québec non serve altri che il nemico della nostra salvezza.
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