Sabato 25 Ottobre 2025

Come ti rieduco il maschio: a Milano il festival “Mica Macho”

Una tre giorni dedicata a “abbattere gli stereotipi”, devirilizzare l’uomo e fluidificare le identità. In nome del neo femminismo e della parità di genere.

Progetto senza titolo (64)
Sulla carta è stato «il primo festival di genere al maschile con le istituzioni dentro» — che, detta così, non significa nulla, ma basta metterci la parola “genere” oggi e qualunque iniziativa diventa d’un tratto cool. Ma tant’è: “Hey Man” si è tenuto lo scorso weekend alla Fabbrica del Vapore di Milano, nato dalla collaborazione tra Osservatorio Maschile, che sviluppa contenuti sulla questione maschile “in una prospettiva di genere”, e Mica Macho realtà  che «si occupa di mascolinità e riflette collettivamente su ruoli e stereotipi». Un weekend all’insegna del maschio in crisi in sostanza, che oscilla tra la mascolinità tossica di stampo patriarcale e l’orpello inutile e invertebrato della donna emancipata ed empowered che sfonda tetti di cristallo. Le istituzioni in questione sono il Comune di Milano, l’Assessorato alla Cultura, la Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili. Tra gli ospiti: Gino Cecchettin, ormai assurto a simbolo nazionale della lotta al patriarcato a suon di rieducazione maschile (colpevoli a prescindere), Adrian Fartrade, divulgatore scientifico che ha fatto «coming out come persona bi e nonbinary/trans», e il Book Drag King Show, unico spettacolo drag italiano ad aver sfilato sui carri del Pride milanese. A tenere insieme tutto: relazioni e sessualità, famiglia e lavoro, corpo e salute, educazione e identità, modelli e rappresentazioni — insomma, un festival in cui il maschio alfa ha decisamente lasciato il posto al maschio in cerca di approvazione e forse anche di autore.

«Per troppo tempo», ha raccontato al Fatto Quotidiano Giacomo Zani, presidente di Mica Macho, «gli uomini hanno avuto un ruolo marginale nei processi di parità. Si sono schierati ‘da alleati’, accanto a compagne, amiche o colleghe, ma senza mai mettersi davvero in discussione. Noi invece crediamo che sia arrivato il momento di assumere un ruolo attivo nel cambiamento: perché siamo metà della popolazione mondiale, e senza di noi non si va da nessuna parte». Parole che sarebbero anche condivisibili, non fosse che vengono declinati nei titoli dei vari panel in questo modo: Essere o non essere uomini femministi”, “gruppi di autocoscienza maschile”, “Gli uomini stanno diventando più ignoranti?”, “Perché ci fa paura l’uomo nero?”, “Perché gli uomini votano più a destra?, Uomini che curano, storie fuori dai cliché”. In realtà l’unico schema, stantìo è quello trito e ritrito dell’approccio femminista, ora anche in chiave gender fluid, tanto che, avvisavano gli organizzatori, per chi volesse affrontare un’esperienza innovativa era prevista la possibilità di partecipare ad  una ricerca per la creazione di una “guida sulle mestruazioni per soli uomini”. Che dire... mai più senza!

Guardando il programma, e i resoconti della stampa, “Hey Man” sembra più che altro un tentativo di rieducazione – soft e chic -  del maschio contemporaneo, che per partecipare al dibattito pubblico deve prima fare autocritica, poi chiedere scusa e infine assicurarsi di non occupare troppo spazio. L’idea è quello di riformattare l’uomo renderlo più inclusivo, più fluido, magari meno bianco e sicuramente meno etero. Il risultato? Un ibrido confuso che si muove tra il senso di colpa e il desiderio disperato di non essere scambiato per un “boomer tossico”. Più che un festival sul maschile, insomma, una seduta collettiva di autocoscienza in cui l’uomo prova a esistere, ma solo se ha letto Judith Butler (Screenshot VD, YouTube) ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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