Orchestra contro Beatrice Venezi, rea di essere bionda, ma se fosse stata di sinistra?
La Fenice in rivolta contro il direttore musicale che si ostina a non presentarsi al femminile e anche a non inchinarsi al politicamente corretto, con pesanti conseguenze professionali.
A dare la misura della polemica è un titolo apparso sul quotidiano Il Domani, testata di De Benedetti e voce della sinistra liberal, che il 24 settembre rilanciava su X un articolo intitolato: «Dalla vedova Kirk al “maestro” Venezi: la destra preferisce le bionde».
Peccato che cliccando sul link si scoprisse che il titolo era già stato modificato — forse perché le vestali del femminismo in salsa politically correct si sono rese conto che ironizzare sulle bionde somigliava pericolosamente a body shaming? - Sta di fatto che il titolo è diventato un più sobrio: «Dalla vedova Kirk al “maestro” Venezi: donna al potere, ma solo se nega di averlo ottenuto grazie ad altre donne». Decisamente più politicamente corretto, anche se meno comprensibile.
Le virgolette intorno al termine maestro però restano, a marchiare i peccati. Beatrice Venezi è colpevole, e nell’articolo lo si chiarisce senza troppi giri di parole. Scrive Anna Valeria Olivieri: «Oltre al colore dei capelli e l'innegabile determinazione, le due donne condividono un certo disprezzo per le istanze dei movimenti femministi, che siano queste le quote rosa o le concordanze tra sostantivi. Venezi, è cosa nota, porta avanti da tempo una battaglia per non essere declinata al femminile. Erika Kirk incarna il perfetto cliché della cosiddetta “tradwife”. Eppure, entrambe hanno studiato, lavorano, ricoprono posizioni che, senza quelle suddette istanze, oggi non potrebbero ricoprire». La sintesi è perfetta: se studi, lavori e hai successo, non puoi che inginocchiarti di fronte all’altare del femminismo militante. Pena: la scomunica. Essere bionda e magari anche bella, poi, non aiuta. Anzi.
E poiché ogni colpa va espiata, Beatrice Venezi - che ha rilasciato anche sulle pagine della nostra rivista (qui per abbonarsi) un' ampia intervista - continua a pagare. Il 27 settembre, al termine di un concerto, gli spettatori dello storico Teatro La Fenice di Venezia hanno assistito a una scena inaspettata: dai palchi piovevano volantini con scritto: «La musica è arte, non intrattenimento». A lanciarli sono stati alcuni musicisti dell’orchestra, contrari alla sua nomina. Contestano il fatto che, spiegano, la Venezi «non abbia mai diretto né un titolo d’opera né un concerto sinfonico pubblico» alla Fenice o in altri teatri di pari prestigio. La sua nomina, sostengono, sarebbe stata «calata dall’alto», senza il coinvolgimento delle maestranze né del Consiglio di Indirizzo della Fondazione. Sarà vero? E se anche fosse, sarebbe davvero il primo caso di nomina imposta dall’alto in un teatro della nostra meravigliosa e pasticciata Italia?
Ma non basta: il direttore d’orchestra toscano paga anche per le “colpe” dei genitori. Il padre infatti, nel 2007, si era candidato sindaco a Lucca con Forza Nuova. Un’eredita che non viene perdonata e non va nemmeno prescritta. La attaccano, racconta lo stesso Gabriele Venezi in un’intervista al Messaggero, perché nell’immaginario collettivo è «figlia di un picchiatore di destra». Nel frattempo arrivano anche le smentite: il quotidiano Libero riporta le parole di Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera: «In seguito a una verifica presso la Sovrintendenza della Fenice di Venezia, risulta che le disdette avvenute dopo la nomina di Venezi siano state solo 3 su 2.300 abbonamenti totali».
A difendere la propria scelta è anche il sovrintendente Nicolò Colabianchi: «Ho lavorato per il bene della Fondazione, rinnovando l'immagine della Fenice con la scelta di una direttrice d'orchestra giovane e di talento. Alla Fenice ho visto persone più giovani e con una preparazione inferiore a quella della Venezi. Sto cercando di capire il vero motivo di queste reazioni».
Eppure non è difficile: è seduta, insieme alla moglie di Kirk, dalla parte “sbagliata” della storia. E a quel punto, essere donna non ti salva. Anzi, può diventare un’aggravante. Soprattutto se sei bionda. A quel punto conviene tirar fuori almeno la carta queer, europeista e vegana. E provare a giocarsela. (Foto: Imagoeconomica)
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