Un piccolo e rapido esercizio. Provate a pensare ad un Paese pesantemente flagellato dalla denatalità, dove gli ultimi dati parlano del numero più basso di nascite dal remoto 1941, e dove il tasso di fertilità sia ormai cimiteriale: 1,16 figli per donna, perfino peggio – ed è tutto dire - di ciò che si registra in Italia (1,24). Immaginate che in quello stesso Paese l’aborto stia dilagando, con una gestante su quattro che vi ricorre (mentre nel 2013 era una su cinque). Insomma, pensate ad un Paese in pieno suicidio demografico Ecco a voi, in contesto simile, verrebbe forse in mente d’incensare l’aborto, inserendolo in Costituzione? C’è da sperare di no.
Eppure chi questo Paese, che esiste veramente – è la Spagna -, è chiamato a governarlo, il premier Pedro Sanchez, sta procedendo esattamente in questa direzione. È delle scorse, difatti, la notizia che il governo ispanico presenterà al Congresso dei deputati una proposta di riforma per includere l’aborto nella Costituzione. A dichiararlo è stato lo stesso Sanchez, che con l’occasione ha pure attaccato l’opposizione: «Il Partito popolare (Pp) ha deciso di allearsi con l’estrema destra. Che facciano pure. Possono farlo. Ma non a scapito delle libertà e dei diritti delle donne». A dispetto delle apparenze, pare non sia un’iniziativa del tutto a sorpresa.
L’ideona di blindare l’aborto volontario inserendolo in Costituzione sembra sia una reazione al fatto che il partito di destra Vox ha poco approvato, nel Comune di Madrid, una mozione che prevede che le donne che si accingono ad abortire siano bene informate sui rischi di una sindrome post aborto che – viene detto da più fonti progressiste - «non ha alcuna base scientifica». In realtà, sulla sindrome post-aborto esiste una corposa letteratura fatta anche di ricerche pubblicate su riviste peer review; dopodiché, queste ricerche possono essere pure contestate da alcuni (e difatti lo sono), ma affermare che le conseguenze sulla donna dell’aborto siano tutte una favoletta terroristica senz'«alcuna base scientifica», ecco, è decisamente forzato.
Ma torniamo all’aborto in Costituzione, che rappresenterebbe – se passasse in Spagna, dov’è già stato sancito da una sentenza della Corte costituzionale del 1985 – una triste scopiazzatura di quanto già approvato in Francia, che nel marzo 2024 è divenuta (come, attraverso il racconto di Aliette Espieux, la portavoce ufficiale della Marcia per la Vita d’Oltralpe, abbiamo spiegato sulle pagine della nostra rivista: qui per abbonarsi) il primo Paese al mondo a includere esplicitamente l'accesso all'aborto nella propria Costituzione. Sanchez mira insomma a prendere lezioni da Emmanuel Macron, probabilmente il leader europeo più allo sbando del momento; il che la dice lunga, purtroppo, anche sulla lungimiranza della sinistra iberica che, nonostante il quadro demografico devastante che già ha davanti, anziché porvi rimedio decide di premere il piede sull’acceleratore dell’aborto. Sono scelte, per carità. Scelte suicide però.
Scelte davanti alle quali pure chi non sia francese o spagnolo ha tutto il diritto non solo d’interrogarsi, ma anche di indignarsi. Perché se questo inizia ad essere il trend europeo, beh, non ha neppure più senso interrogarsi sul futuro del Continente; per il semplice fatto che quel futuro mai ci sarà. Esageriamo? Vorremmo tanto farlo, ma davanti alla forza bruta dei numeri e delle statistiche, c’è poco da scherzare. Non c’è infatti pressoché Paese al mondo - inclusa la Cina che, quanto a decisionismo, ha le mani infinitamente più libere delle democrazie parlamentari – che stia vincendo l’inverno demografico. Viceversa ce ne sono tanti che, siccome stanno già perdendo questa sfida, decidono di peggiorare la propria situazione. Proposta: in Costituzione, in Spagna, ci si inserisca direttamente il suicidio di civiltà. Almeno ci si evita l’ipocrisia. (Foto: Imagoeconomica)
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