L'effetto Charlie Kirk
Martinez (RNS): «È il tempo dello Spirito Santo, lasciamoci stupire dal risveglio di Asbury»
L’Europa ignora l’effusione di Spirito che ha infuocato i ragazzi di un’università del Kentucky, dimenticando che San Paolo VI considerava il Rinnovamento carismatico «una chance per la Chiesa e per il mondo». Dotta intervista a Salvatore Martinez
04 Marzo 2023 - 00:05
[Giovani in preghiera alla Asbury University di Wilmore, Kentucky]
Sta dicendo che i recenti movimenti di risveglio sono più autentici, più “puri”? «Certamente sono anche un elemento di discernimento importante per valutare questi fenomeni. Il ‘900 di risvegli pentecostali ne ha conosciuti tanti, pensiamo solo al Rinnovamento carismatico del ’67, sempre in ambiente universitario, a Duquesne – Pittsburgh, e con giovani studenti. Un movimento “spontaneo”, che in soli vent’anni dalla sua sorprendente nascita ha toccato quasi 100 milioni di cattolici nel mondo, senza fondatori o propagandatori. Come oggi anche allora non c’era mano d’uomo. L’evento di Asbury e la testimonianza degli universitari li pone in perfetta sintonia con quelli che storicamente sono stati i fenomeni di risveglio pentecostali-carismatici».
Trova delle analogie tra quanto sta accadendo oggi a Wilmore e in altri campus americani e il grande risveglio di Pittsburgh del 1967? «Ho sentito amici pastori, vescovi e le modalità sono le stesse. Del resto, gli stessi studenti che nel ’67 diedero vita al Rinnovamento Carismatico – cari amici, ancora tutti in vita – non si percepirono affatto come dei fondatori. Erano universitari andati in cappella per una preghiera di adorazione con i loro insegnanti, esattamente come i giovani della Asbury University, e si sono ritrovati “travolti” dallo Spirito mentre vivevamo momenti di adorazione, accompagnati dalle stesse manifestazioni carismatiche».
Ci spiega il fenomeno del “contagio spirituale” attraverso cui queste manifestazioni carismatiche si propagano? «Se si legge il primo libro di Samuele 10, 5-6, si comprende bene che i carismi sono per loro natura “contagiosi”; è un tratto distintivo dello Spirito: Saul, per volontà di Dio, si unisce a un gruppo di profeti, in atto di fare i profeti, e da quel momento diviene anch’egli profeta per il popolo. Anche san Giovanni Paolo II, il 30 maggio del 1998, in Piazza San Pietro, in occasione di quella che è passata alla storia come “la Pentecoste dei Movimenti”, ebbe a dire: “I carismi sono per loro natura comunicativi e sono una risposta provvidenziale dello Spirito ai bisogni del nostro tempo”. Ecco perché in tanti si sono riversati in massa nella cittadina del Kentucky; non lo hanno fatto certo solo per assistere a un evento, ma per esperimentare i benefici, una nuova presenza di Dio ed essere trasformati interiormente».
Non pochi teologi sostengono che questi risvegli abbiano anche un valore ecumenico. È così? «Sono fenomeni che abbracciano trasversalmente le tre grandi tradizioni cristiane con tutte le loro diverse denominazioni, avendo anche la grande forza di guarire le relazioni, perché nello Spirito non c’è divisione. Una è la fede, uno è il battesimo come uno è lo Spirito. In Gesù siamo stati capaci di dividerci, ma nello Spirito Santo possiamo ritrovare riconciliazione e unità. È quello che chiamiamo “ecumenismo spirituale”, molto caro anche a Papa Francesco, in cui il primato non è delle istituzioni, delle sigle, delle culture teologiche, ma è dello Spirito. Si lascia che sia lo Spirito a operare in profondità, superando lo status quo e le apparenze».
Come fare a restituire il primato allo Spirito? «Certamente non stando solo seduti ad un tavolo a fare disquisizioni o a redigere i pur necessari accordi, ma, ad esempio, entrando nell’atteggiamento dei ragazzi di Asbury, che con semplicità e radicalità adorano Dio, si pongono umilmente dinanzi alla Sua potenza, la invocano e ne fanno esperienza. Quando la Chiesa si pone con questa umiltà di fede, allora i fenomeni di risveglio non tardano a verificarsi, anche all’interno delle istituzioni».
Si riferisce alla nascita dei Movimenti ecclesiali? «Sì, questa è spesso la logica sorgiva di tanti Movimenti e Nuove Comunità Carismatiche sorte nella Chiesa Cattolica nel post Concilio: si pensi, solo per citare tre importanti Paesi, a quanto è avvenuto in Italia, in Francia, in Brasile all’interno della grande “costellazione spirituale” che è il Movimento del Rinnovamento».
Paolo VI aveva parlato del Rinnovamento carismatico come «una chance per la chiesa e per il mondo». Dobbiamo considerarla una “profezia”? «La frase, pronunciata il 19 maggio del 75, all’indomani della Solennità della Pentecoste, deve leggersi dentro ciò che è poi storicamente accaduto. Con il Concilio Vaticano II la Chiesa ha registrato tante forme di “rinnovamento”: ecumenico, biblico, liturgico, tutte promanazioni dell’autorità ecclesiastica».
Mancava il Rinnovamento carismatico. «Esatto. Il Rinnovamento carismatico o nello Spirito, è stata l’unica forma di rinnovamento “dal basso”, provocata direttamente dallo Spirito senza mediazioni istituzionali, per rinnovare le stesse istituzioni come una “corrente di grazia” che, ovunque arriva, crea risveglio e nuovo dinamismo spirituale. Lumen Gentium auspicava il ritorno dei carismi e Apostolicam Actuositatem un nuovo impegno dei “laici associati” proprio in forza dei carismi. Come dimenticare che tanto san Paolo VI che san Giovanni XXIII invocarono per la Chiesa “una nuova Pentecoste, che fosse causa di un’abbondante elargizione di carismi”. Ecco, il Rinnovamento può considerarsi “un esaudimento” di queste speranze».
Ma se la preghiera dei due Papi è stata esaudita, rimane da capire come il Rinnovamento carismatico abbia attecchito nella Chiesa cattolica. «Il cardinale Leo Suenens, moderatore del Concilio e grande ispiratore di Lumen Gentium, nel ’73, volando negli USA, a Indianapolis, si imbatté in queste nuove, grandi assemblee di preghiera carismatica, intravedendo in esse i segni di quella “nuova Pentecoste” invocata dai Padri conciliari. Non meno di ciò che oggi l’arcivescovo Timothy Dolan registra a Wilmore. Giova ricordare che Suenens, tornato a Roma, parlò a Paolo VI di queste manifestazioni, dei doni di profezia, di guarigione, di lingue che aveva osservato».
[1979, Paolo VI riceve i partecipanti del III Congresso Internazionale del Movimento Carismatico Cattolico]
La reazione di Paolo VI? «Diede subito credito al Cardinale belga, giungendo così a definire, due anni dopo, il “Rinnovamento un chance”, proprio per i segni di risveglio spirituale che portava nella Chiesa».
Ancora pochi associano la figura di San Paolo VI ad una così forte apertura al mondo carismatico. «Eppure è così. In quella celebre Udienza nella Basilica di San Pietro, ai partecipanti al Congresso Internazionale del Movimento Carismatico Cattolico, il 19 maggio 1975, lasciando da parte il discorso ufficiale già preparato, Paolo VI pronunciò queste parole: “Questo Rinnovamento deve […] far riaprire le labbra chiuse del mondo alla preghiera, al canto, alla gioia, agli inni e alla testimonianza. Sarà una grande fortuna per il nostro tempo […] se una generazione intera di giovani, la vostra generazione, grida al mondo la gloria e la grandezza del Dio della Pentecoste”. A leggerlo oggi sembra un commento a quanto sta accadendo alla Asbury University e in altri campus americani».
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