Venerdì 24 Ottobre 2025

Mons. Oster: «Una Chiesa che soddisfa le richieste della società non porta a Cristo»

«Bisogna tornare al cuore del Vangelo», ha dichiarato il Vescovo di Passau in una intervista

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Monsignor Stefan Oster, 59 anni, vescovo di Passau, è uno di quei prelati tedeschi, non molti in realtà, che non le manda a dire, neppure se il prezzo è fare affermazioni controcorrente. Come Timone, abbiamo già avuto modo di raccontarlo sottolineando come, secondo questo pastore, allontanarsi dalla tradizione – la stessa ricetta che parti del mondo cattolico invocano con il pretesto di risultare più aperti e dialoganti col mondo – avrebbe un solo effetto: «Accelererebbe la dissoluzione». È sulla base di questa convinzione che Oster – oggi ritenuto una delle voci più conservatrici della Chiesa del suo paese - ha fatto resistenza alla deriva intrapresa dal cammino sinodale tedesco; e deve essere sempre questo il motivo per cui, intervistato da Matthias Wunder del Kirche bunt, giornale diocesano di St. Pölten, ha ribadito senza troppi giri di parole la sua posizione. L’intervistatore, infatti, ha ad un certo punto fatto un esplicito riferimento al «movimento sinodale in Germania vuole rendere la Chiesa più attraente e ringiovanita». Nel fare questo, a monsignor Oster è stato chiesto se ritiene che «si possa raggiungere questo obbiettivo in questo modo». Questa la sua risposta: «Capisco il perché di questa linea ma no, non penso sia fruttuoso. Alla fine, nessuno si troverà più vicino a Cristo nel momento in cui rispondiamo alle esigenze politico-ecclesiali di una società moderna, che, a mio avviso, alla fine andrebbero al nocciolo della fede e della nostra comprensione sacramentale della Chiesa, cambiandola». Parole chiarissime, non c’è che dire. Ma non è finita. «Sono convinto che nel corso della storia», ha aggiunto il vescovo di Passau, «la Chiesa si sia sempre rinnovata innanzitutto spiritualmente, cioè, per così dire, dall'interno. Ritornando al centro del Vangelo e ritornando a Cristo come Colui che è realmente presente e vuole cambiare per primo il nostro cuore, prima di passare alle strutture. Se questa “inversione” non avrà luogo, a mio avviso, le richieste di riforma o le iniziative di riforma non avranno esito seguito». Anche qui considerazioni che non abbisognano di ulteriori commenti. Soprattutto perché si tratta di parole che ricordano molto da vicino – sia nella forma, sia nella sostanza - quelle scandite, anni or sono, da un altro grande uomo di Chiesa tedesco, il quale ebbe a scrivere: «Non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà anche veramente umana». Stiamo naturalmente parlando di Joseph Ratzinger (1927-2022) e del suo indimenticabile intervento tenuto intervento tenuto al Meeting di Rimini del 1990. Altri tempi, si dirà. Ed è senza dubbio vero. Resta però vero anche un altro aspetto – per tornare alle parole di monsignor Oster -, e cioè che davvero una Chiesa che sposasse le istanze sociali non porterebbe «nessuno più vicino a Cristo». Questo, anzitutto, per una motivazione banalmente logica: perché mai, infatti, davanti alla richiesta di essere più favorevoli all’immigrazione, a fare meglio la raccolta differenziata e via dicendo si dovrebbe lasciarsi incuriosire dai Vangeli? Non avrebbe alcun senso, e infatti non accade. Non solo. Al di là delle mere congetture e supposizioni – tutte rispettabili, per carità -, c’è da dire che disponiamo già di evidenze del fatto che ciò che attrae non solo i fedeli ma pure i preti e aspiranti tali, ecco, son le proposte di fede e non politiche e, men che meno, progressiste. Qualche esempio? A fine 2023, infatti, sei ricercatori hanno reso noto, per la Catholic University of America, quello che è lo studio più vasto degli ultimi 50 anni condotto sui preti cattolici: ne sono stati interpellati 10.000. Un lavoro che ha fotografato il clero americano da prima degli anni ’60 ad oggi riscontrando da una parte come il conservatorismo dei sacerdoti si sia accentuato e, dall’altra, come viceversa il vento progressista si stia bruscamente arrestato. Tanto che oggi l’85% dei giovani preti si definisce «conservatori» e, tra gli ordinati dopo il 2020, non uno si dice «molto progressista». Neppure uno: eloquente. Perfino nella Germania dove il vento progressista soffia ancora impetuoso nella Chiesa – e senza dubbio Oster ne sa qualcosa - oggi c’è qualche sorpresa. Un recente studio che sondato i 847 sacerdoti ordinati dal 2010 al 2021, infatti, ha rilevato come i temi così cari all’agenda sinodale teutonica – quali, ad esempio, l’ammissione all’ordinazione delle donne e la maggiore partecipazione dei laici alle scelte ecclesiastiche – trovino un consenso limitato, che arriva al massimo al 36%, mentre ben di più (il 76%) risultano quanti ritengono prioritario prestare attenzione ai contenuti religiosi e a come trasmetterli. La maggior parte di questi sacerdoti, ha commentano non senza delusione Matthias Sellmann, il teologo responsabile dello studio, «sembra non avere familiarità con gli ambienti e i valori della società moderna». Nell’indicare nel rinnovamento spirituale e non politico della Chiesa la priorità, dunque, il vescovo di Passau non ha dato una opinione, ma ha registrato un dato di realtà. Che più di qualcuno ancora finge di non vedere (Screenshot, Bischof Stefan Oster, YouTube) ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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