Venerdì 24 Ottobre 2025

La crisi dell’Unione europea, l’impero minore

Un libro che spiega nel dettaglio la crisi energetica (e non solo) di Bruxelles. Il conflitto distributivo ha portato al distacco con i cittadini e dietro ci sono anche le giravolte della sinistra e le élite senza ascensori sociali

freepcik giraldo
Per gentile concessione dell’editore e dell’autore pubblichiamo uno stralcio del libro di Sergio Giraldo, collaboratore del Timone, intitolato “L'impero minore. Crisi industriale e crisi democratica nell'Unione europea” (Ed. Diarkos, pag. 272, € 20,00) […] Nel momento storico in cui la globalizzazione cambia forma e si impongono limiti strategici, l’impero minore europeo si trova in profonda difficoltà. L’Unione europea misura oggi la propria irrilevanza sullo scacchiere mondiale e deve registrare il fallimento del proprio modello di sviluppo. La crisi di Francia e Germania è grave e investe la società, la politica e l’economia. Nessuna sorpresa, per chi in questi anni non si è adagiato nel narcotizzante racconto di un’Europa lanciata verso un radioso futuro. La decadenza franco-tedesca è il frutto stesso dell’Unione europea, della sua concezione e della sua struttura. La crisi politica è il risultato dell’annichilimento della politica nazionale, svuotata di potere decisionale a favore di una sovrastruttura irresponsabile e antidemocratica. Il voto popolare nel 2024 ha punito le politiche europee e chi le ha praticate, rivolgendosi in massa alle poche forze che le hanno contrastate o che promettono di farlo. Mentre l’impero minore punta a concentrare il dibattito politico sui temi civili, come l’ambientalismo o i diritti delle minoranze, ciò che le masse vivono sulla propria pelle è il conflitto distributivo. Un conflitto in cui entra a pieno titolo l’immigrazione di massa, che da problema sociale sta diventando un problema di ordine pubblico. L’evidente distacco tra le priorità imposte dalla narrazione dominante, sostenuta dai mezzi di informazione di massa, e la realtà vissuta è all’origine della perdita di senso di cui sono vittime i cittadini. In questo, la giravolta storica della sinistra e il suo nuovo travestimento hanno giocato un ruolo fondamentale. La sinistra europea ha sposato integralmente il nuovo corso ordoliberale tracciato da Maastricht, abbandonando i lavoratori e abbracciando l’austerità, cercando di nascondersi sotto il mantello del progresso cosmopolita. Nel suo nuovo internazionalismo da benestanti, disconoscendo la sua origine (quella di rappresentanza e difesa delle istanze di una parte politica nel conflitto tra capitale e lavoro), la sinistra ha avallato la globalizzazione e ha contribuito in maniera determinante a mettere in diretta competizione i lavoratori di Torino Mirafiori con quelli del Guangdong. L’uso della scienza (in questo caso economica) come elemento di giustificazione delle scelte politiche è un espediente che la sinistra usa per evitare di fare i conti con la propria coscienza. Del resto, già a metà degli anni Quaranta del Novecento il Partito comunista italiano di Palmiro Togliatti era diventato un “partito nuovo”, abbandonando il concetto di “lotta di classe” a favore di quello di “lotta per la modernità”. Togliatti insisteva anche sul partito “nazionale”, ma questa parte del programma, evidentemente, non era funzionale ed è stata accuratamente nascosta.6 L’ondivago andamento della sinistra, che oscilla tra slogan vuoti e parole d’ordine come “Erasmus” e “sostenibilità”, è figlio della subalternità culturale al dogma dell’economia sociale di mercato tedesca. Le sterzate politiche europee, dettate dai cambi di direzione degli interessi del blocco politico-finanziario-industriale tedesco, sono sempre meno gestibili politicamente dalla sinistra. Il “contrordine, compagni!” di Giovannino Guareschi è diventato “contrordine, europei!” La rottura del patto che ha permesso la mobilità sociale del secondo dopoguerra porta come conseguenza anche l’atrofizzazione delle élite. Il ricambio delle élite è oggi affidato a logiche sostanzialmente ereditarie, essendosi rotto il meccanismo dell’ascensore sociale, che permetteva la rigenerazione della classe dirigente. Una classe dirigente il cui declino è direttamente proporzionale al grado di conformismo con cui ha aderito a un progetto sostanzialmente autoritario, quello dell’impero minore. […]

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