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Degasperi, l’antifascista che sconfisse le sinistre
NEWS 13 Ottobre 2021    di Francesca Burattin

Degasperi, l’antifascista che sconfisse le sinistre

E’ uscito da qualche giorno in libreria, per l’editore Cantagalli, il nuovo libro di Francesco Agnoli, Alcide Degasperi. Vita e pensiero di un antifascista che sconfisse le sinistre (pagg. 168, € 15,00).

Professor Agnoli, nel libro parla molto del rapporto di Degasperi con Mussolini e poi con Togliatti. Perché?

«Degasperi ha lottato contro Mussolini prima e dopo la I guerra mondiale e contro Togliatti, dopo la II. Mussolini e Togliatti: due personaggi quasi identici, per origini ideali (entrambi socialisti), doppiezza e machiavellismo. Identico, per esempio, il rapporto con i cattolici: entrambi atei, hanno blandito i cattolici per portarli dalla loro parte, Mussolini con il Concordato del 1929 e Togliatti accogliendo il medesimo concordato nella Costituzione del 1948. Degasperi non poteva che perdere contro Mussolini-Togliatti del 1919-1922: il Partito popolare di cui faceva parte era avversato ferocemente dai fascisti, dai socialisti, dai comunisti e dai liberali. Invece nel 1948, contro Togliatti-Mussolini, Degasperi ha vinto, sia per le sue straordinarie capacità ed il grande coraggio (fu lui da solo a decidere di mettere alla porta socialisti e comunisti nel 1947, pur sapendo che si trattava di una scelta rischiosa), sia perché allora la Dc non aveva avversari forti a destra, e dovette combattere “solo” con le sinistre, benché con le sinistre più forti che mai. Inoltre nel secondo dopoguerra i liberali – che dopo il 1919 a lungo avevano strizzato l’occhio a Mussolini- avevano capito che era meglio collaborare, obtorto collo, con il cattolico (orrore!) Degasperi, piuttosto che finire sotto i comunisti».

Lei parla di Mussolini/Togliatti e di Togliatti/Mussolini. Ha dato alcune motivazioni. Ce ne sono altre?

«Tante. Per esempio entrambi furono al soldo, almeno per qualche tempo, di potenze straniere (Mussolini, dal 1915, di Francia, Belgio ed Inghilterra; Togliatti di Mosca); inoltre Mussolini si presentò alle elezioni sia nel 1921 che nel 1924 senza la sigla esplicita del “Partito nazionale fascista”, così come Togliatti nascose l’aggettivo “comunista”, nel 1948, proponendosi, insieme ai socialisti, sotto le insegne del cosiddetto “Fronte democratico popolare”, simboleggiato dalla faccia di Garibaldi (preso a simbolo anche da Mussolini negli anni della fondazione dei Fasci). E poi non dimentichiamo che Togliatti-Mussolini, nel 1939, appoggiò il patto tra Stalin ed Hitler, mentre subito dopo la guerra fece tutto il possibile per recuperare al PCI i fascisti di sinistra, riuscendo molto bene nel suo intento (quanti fascisti sono passati, in breve, al Pci di Togliatti, nel secondo dopoguerra! Almeno tanti quanti i socialisti che erano transitati, tra il 1914 e il 1915, da l’Avanti socialista a Il Popolo d’Italia)».

Dall’Italia all’Europa. L’Ue di oggi è figlia di Degasperi?

«No, questo no. Degasperi, Adenauer, Schuman, con il beneplacito di Pio XII (erano tutti e quattro cattolici), costruirono l’Europa per evitare altre guerre intestine, per impedire nuovi colpi di testa della Germania libera, per bloccare possibili colpi di mano sovietici tramite la Germania comunista. Ma l’Europa dei fondatori ha ben poco a che vedere con quella odierna. Degasperi voleva un’Europa rispettosa delle nazionalità, federale, con un’anima cristiana, capace di difendere la sua libertà dal pericolo sovietico, e di non essere neppure dipendente, bensì alleata degli Usa. L’Unione europea di oggi, tra il resto così germanocentrica, assomiglia più ad un super stato burocratico, in cui le patrie, la religione, i valori non hanno cittadinanza. Degasperi aveva già messo in guardia da tutto ciò. Per capirlo bisogna anzitutto rammentare il suo precoce monito, lanciato già il 10 dicembre 1951 all’Assemblea del Consiglio d’Europa di Strasburgo: l’Europa “potrebbe anche apparire ad un certo momento una sovrastruttura superflua e fors’anche oppressiva, quale apparve, in certi periodi del suo declino, il Sacro Romano Impero. In questo caso le nuove generazioni, prese dalla spinta più ardente del loro sangue e della loro terra, guarderebbero alla costruzione europea come ad uno strumento d’imbarazzo e di oppressione. In questo caso il pericolo d’involuzione è evidente”».

A sinistra negano che le cose stiano così…

«C’è un grande paradosso, oggi: i principali sostenitori dell’Unione Europea così come è, senza riforme, statica, sono le sinistre. Il ministro Speranza ha curato recentemente un convegno incentrato sull’ esaltazione di Degasperi europeista: eppure Speranza viene da un partito che lo considerava un “assassino”, un “fascista”, un “guerrafondaio”, e che ostacolò in tutti i modi l’Europa al suo sorgere. Il PCI e il Psi, le sinistre, erano legate a Mosca: non volevano un’Europa libera e forte. Contro di essa invocavano il patriottismo, la sovranità nazionale! In altre parole, coloro che oggi negano patria e nazionalità, in nome di un europeismo ideologico e statico, all’epoca di Degasperi facevano i sovranisti a tempo pieno. Degasperi si rivolse a loro, così: “Ecco perché io, reazionario, apro le porte a tutte le correnti e voi (di sinistra, ndr) le volete chiudere in nome della sovranità nazionale”».

Insomma oggi Degasperi starebbe con l’Ungheria o con Bruxelles?

«Oggi Bruxelles vuole imporre una sua visione etica a Ungheria, Polonia, Slovenia ecc., senza rispettare la libertà dei paesi aderenti all’Unione Europea. Questi paesi, che hanno vissuto il comunismo, rivendicano la propria libertà, non vogliono che l’unione si trasformi, come ai tempi dell’URSS in sudditanza. Degasperi condividerebbe. Bastino queste sue considerazioni: “Badate bene che quando diciamo che non siamo nazionalisti, lo intendiamo in questo senso, che cioè non vogliamo la soluzione di tutti i problemi attraverso la forza della nazione, attraverso l’iniziativa nazionale, e non diciamo qualche cosa che limiti le nostre forze reali, che diminuisca, comprima e deprima il nostro sentimento nazionale italiano: la base di tutte le cooperazioni è la nazione, in un consorzio di nazioni libere”».

Tornando a Degasperi, dal suo libro si evince che, alla fine, ha perso..

«Sì, tornando a ciò che abbiamo già detto, alla lunga ha vinto Togliatti: infatti con il tempo è riuscito, tramite i suoi successori, a risucchiare la DC verso sinistra, soprattutto grazie al suo alleato Pietro Nenni e alla sinistra democristiana, che ha funto da vero e proprio cavallo di Troia per espugnare il partito. Si ricordi che i catto-fascisti che apprezzavano il Mussolini-Togliatti, come Fanfani (a cui si deve la formulazione del I articolo della Costituzione), finiranno poi ad essere gli artefici dell’apertura a sinistra. La loro alleanza, a partire dal 1962, fu con il PSI di Pietro Nenni!»

Chi era Pietro Nenni?

«Giusto, vale la pena ricordare, seppure in breve, la storia di quest’uomo con cui Fanfani e Moro vollero condividere il governo del paese: ardente repubblicano, intimo amico di Mussolini, socialista interventista e collaboratore de Il Popolo d’Italia, avversario dei socialisti filo-bolscevichi, membro della giunta direttiva del Fascio di Bologna nel 1919, socialista e collaboratore de l’Avanti nel 1921, fiero antifascista (rimanendo però nelle grazie del Duce che lo strappò alla condanna di Hitler salvandogli la vita), rifugiato in Vaticano… poi filocomunista entusiasta di Stalin (tanto da andarlo a trovare in Russia e ricevere, lì, il Premio Stalin), avversario politico intransigente di Degasperi e della Chiesa, tessitore dell’elezione alla Presidenza della Repubblica di Gronchi, appassionato celebratore di Mao (dopo un viaggio in Cina), sempre nel 1955, ed infine, dal 1960, alleato della DC post Degasperi (appoggio esterno al governo di Amintore Fanfani nel febbraio 1962 e vicepresidente del consiglio all’epoca del Governo Moro del 1963, primo esecutivo di centrosinistra)».

E il rapporto con Pio XII?

«Molto bello, profondo, vero. Si sono visti pochissime volte. Avevano un grande senso delle istituzioni, dei propri confini. Un immenso rispetto reciproco. Degasperi è stato, in politica, ciò che Pio XII è stato nella Chiesa. Sulle questioni più importanti sono sempre stati in perfetto accordo, qualche volta, come è normale, ma su questioni marginali, sono stati in dissenso. Nel libro dedico molte pagine a raccontare questo rapporto franco e di reciproca stima».


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