C’è da dire che non ci si stupisce più di nulla, da tempo ormai. I più attenti alla cronaca, e alle sua cinquanta sfumature di nero, ricorderanno sicuramente “le gemelle Cappa”, Paola e Stefania, di Garlasco, cugine di Chiara Poggi, uccisa nella sua abitazione il 13 agosto del 2007. L’estate piena e con la solita penuria di notizie agostana, uniti alla figura algida del fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, attirò nel comune pavese decine di giornalisti che produssero colate di piombo per giorni, e le gemelle, ingolosite dalla visibilità, consegnarono alla stampa un loro scatto con la cugina ormai morta. Peccato che lo scatto non fosse reale, ma semplicemente un fotomontaggio, frutto di photoshop, e di una mano neanche troppo abile. Ovviamente la cosa venne a galla e le due si scusarono, d’altra parte cosa non si fa per un po’ di notorietà.
Lo stesso anno, qualche mese più tardi un altro “protagonista” della cronaca fece un passo in più. Ci spostiamo di 100 chilometri e siamo nel comasco, a Erba, comune ormai associato “all’omonima strage”, quella che si è consumata nel dicembre del 2006 e in cui sono morti Raffaella Castagna, sua mamma Paola Galli, suo figlio, il piccolo Youssef Marzouk e la vicina di casa Valeria Cherubini. Ad uccidere secondo la giustizia furono i vicini, Rosa e Olindo, il movente, gli eccessivi schiamazzi. Una sceneggiatura così stuzzicante da diventare oggetto di trasmissioni televisive per mesi, con tanto di troupe fisse nel comune comasco a sviscerare ogni microscopico aspetto. Ed è un anno dopo la strage che il marito di Raffaella, nonché padre del piccolo Youssef, Azouz Marzuk, annunciò l’arrivo di un libro e soprattutto il lancio di una linea di abbigliamento a suo nome.
Sedici anni dopo abbiamo soltanto fatto i relativi passi avanti, o indietro, in base a come si guardano le cose, e così abbiamo Gino Cecchettin, l’ormai noto padre di Giulia, che si affida ad un’agenzia di comunicazione londinese chiamata a curare la sua immagine. Si tratta della Andrew Nurberg che segue principalmente attori e ora seguiranno, (logico no?), il padre di una ragazza italiana uccisa. Apprendiamo che la sua agente, Barbara Barbieri, ha già fatto sapere che sarà lei da ora in poi a curare i rapporti con la stampa perché «Il signor Cecchettin ha bisogno di riposare». Forse per quello che, a ridosso del funerale, aveva lasciato il suo lavoro dicendo: «Sto anche riflettendo su un nuovo impegno civico che accompagnerà il mio cammino».
Anche sua figlia Elena non resta certo indietro, la neovestale della lotta al patriarcato, il leader in pectore della sinistra dei diritti, è stata incoronata dall’Espresso “persona dell’anno”. Non solo, il suo profilo Instagram, ad onor del vero un tantino lugubre, è riuscito a raggiungere in poco tempo 175mila follower, il tutto in seguito alle sue arringhe femministe sulla lotta al patriarcato. E c’è chi non la vedrebbe male in politica.
Ovviamente chi siamo noi per giudicare? Nessuno, ovviamente. Giudicare è diventato il nuovo bestemmiare, il politicamente corretto è il nuovo dogma che impone la sua verità, ossia che non ci sono verità e meno che meno una “normalità”. Guai anche solo a insinuare che sia quantomeno singolare che la sorella e il padre (e non menzioniamo la nonna) di una ragazza brutalmente uccisa si sentano così a proprio agio tra giornalisti, televisioni e piazze virtuali. Ma si sa, la nera ha il suo irresistibile fascino, e può diventare spettacolo, lo chiamano “true crime”, come se fosse un genere tra gli altri. Come se non stessimo parlando di una vita strappata, immolata per i famosi quindici minuti di gloria. (Foto Ansa)
Riceverai direttamente a casa tua il Timone
Se desideri leggere Il Timone dal tuo PC, da tablet o da smartphone
© Copyright 2017 – I diritti delle immagini e dei testi sono riservati. È espressamente vietata la loro riproduzione con qualsiasi mezzo e l’adattamento totale o parziale.
Realizzazione siti web e Web Marketing: Netycom Srl