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5.12.2024

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Il segno della croce di Novak Djokovic scuote le Olimpiadi anticristiane
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5 Agosto 2024

Il segno della croce di Novak Djokovic scuote le Olimpiadi anticristiane

«Ho dato cuore e anima per questo oro, il mio primo a 37 anni”, ha detto al termine Djokovic, “sono felicissimo soprattutto per la mia Serbia. È stata una battaglia incredibile: quasi tre ore per soli due set». Così riferisce, come molte altre testate, anche Libero raccontando della vittoria sulla terra rossa parigina del campione serbo. Ha vinto contro il numero 3 del mondo, lo spagnolo Carlos Alcaraz, e così – realizzando una delle più grandi imprese dello sport – ha completato il suo ricco palmares, specchio di una carriera e di un talento eccezionali.

Dopo il match point Nole si è lasciato cadere a terra e ha fatto il segno della croce, rivolgendo sguardo e braccia al cielo. Eppure lui che conosce il mondo di quelli che contano dovrebbe saperlo: non sta bene parlare o riferirsi alla religione tra la gente per bene. Deve essergli sfuggito, così come deve essergli passato di mente anche l’ultimo aggiornamento in termini di politicamente corretto, un sistema di pensieri, parole e soprattutto omissioni globalmente approvato secondo il quale certe cose si possono dire, fare e baciare, mentre altre no, assolutamente no.

E tra queste ci sono senza dubbio la fede cristiana, il nome e ogni immagine che ricordi Cristo o la Sua chiesa con devozione e rispetto, mentre se li si tira in ballo per farsene scherno allora il manuale delle giovani marmotte inclusive consente e incoraggia la pratica. Non ci siamo dimenticati le “scelte artistiche” della cerimonia inaugurale – con la abominevole parodia dell’Ultima Cena, né lo zelo con il quale il comitato olimpico si è preoccupato di garantire la assoluta neutralità vietando al surfista brasiliano di usare la figura del Cristo redentore di Rio: «Circa due settimane prima dell’inizio dei Giochi olimpici di Parigi, al surfista brasiliano João Chianca, meglio conosciuto come Chumbinho, è stato vietato l’utilizzo della famosa figura del Cristo di Rio de Janeiro sulla sua tavola da surf, pena l’esclusione dalle Olimpiadi».

Strani effetti collaterali quelli della pretesa di una laicità e neutralità assolute: si vuole circoscrivere una libertà per tutti che però abbia come condizione la cancellazione o la censura, meglio se autoimposta, di ogni identità umana integrale, identità che non può che comprendere la dimensione religiosa. Il fatto che l’esperienza della fede sia intima, spirituale e personale non significa che debba restare taciuta e deprivata della sua fondamentale dimensione culturale, pubblica e comunitaria. Ahimè, temiamo che i vari comitati e legislatori lo sappiano bene. Più che di evitare espressioni identitarie saldamente radicate nel proprio credo, ciò che intendono fare è imporre un credo comune a tutti, e più ancora portare a termine quello che la révolution ha cominciato: distruggere la fede cristiana.

Non si spiegherebbe in altro modo la scelta di sostituire, nel manifesto simbolo della manifestazione sportiva, la croce sulla cupola della cattedrale Des Invalides con una barra dritta, realizzata dall’artista francese Ugo Gattoni. Forse siamo noi a pensare male, non ce l’hanno davvero con le fedi religiose in generale, né con quelle dalla forte identità; perché sarebbero così condiscendenti con l’islam, altrimenti? Il bersaglio è il cristianesimo in quanto tale. Nel frattempo, però, un campione dall’indiscusso talento, di dichiarata fede cristiana ortodossa che aveva già vinto quasi tutto, si è inginocchiato sulla terra rossa, ha pianto, pregato e ringraziato Dio nel tempio itinerante della laicità attualmente di stanza a Parigi. Il politicamente corretto, alla fine della fiera di tutte le vanità, non è una barriera così impenetrabile. (Fonte foto: Ansa)

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