Annalisa Teggi, scrittrice e traduttrice - e autrice di Prima che sia troppo amarti, romanzo pubblicato dal Timone - oggi, al Meeting di Rimini, parteciperà all'incontro «Un'esplosione di vita. San Francesco». L'abbiamo avvicinata per qualche domanda relativamente a questo appuntamento. Annalisa, l'incontro che sei stata chiamata a moderare al Meeting di Rimini (o per l'amicizia tra i popoli), edizione che si intitola "Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi", sarà dedicato al Poverello d'Assisi a 800 anni dalla sua morte - avvenuta il 3 ottobre 1226 - e si intitola "Un'esplosione di vita. San Francesco". Passato, morte, mattoni, vita che erompe, santità: se Francesco è santo è dunque vivo nel modo più bello e compiuto ed è a noi contemporaneo. Tu, che a buon diritto sei chestertoniana, credi che il santo d'Assisi contraddica ancora a sufficienza la nostra generazione al punto da poterla convertire? «Chesterton ha colto nel segno sui santi, e in riferimento a Francesco diceva anche che è uno di quei santi per cui ormai non è più necessario chiamare in causa Dio. La versione edulcorata della sua figura è quella di un uomo “santo subito” rispetto a certi nostri idoli come l’ecologismo. E invece Francesco ci contraddice profondamente proprio sui punti che il mondo userebbe per valorizzarlo. San Francesco non è l’amico della natura, non è il nemico del consumismo. Francesco, come tutti i santi toccati nel profondo da Dio, è rapporto col Padre. Questo è scandaloso, è pietra d’inciampo per molti. L’uomo contemporaneo moltiplica gli idoli con cui mettersi in rapporto, San Francesco si libera della zavorra e cammina per stare in rapporto con il padre dentro tutte le cose che fa. Anche il famoso gesto di spogliarsi è un’istantanea che ci costringe a una ricapitolazione di noi, quanto è facile spogliarsi oggi? Per esibirsi, per ostentare la centralità profittevole del nostro corpo. Francesco si spogliò per dire che tutto di sé apparteneva a Dio.»
Il Santo Padre ha chiesto a tutti credenti per oggi, 22 agosto memoria liturgica di Maria Regina, una giornata di digiuno e preghiera per supplicare il Signore per il dono della pace. San Francesco, nel digiuno dei sensi, cieco e sofferente, ha cantato la sua lode al Creatore per tutte le creature, in un ordine crescente di bene fino a quello sommo che è Dio stesso. Questo sguardo ci aiuta ad abitare la terra cum tucte le sue creature e a chiedere la vera pace? «Quando ho sentito che Papa Leone ha proposto questa giornata di digiuno per la pace per oggi, ho fatto mente locale per proporre una riflessione su questo tema anche dentro l’incontro su San Francesco che faremo. Pace è una di quelle parole apparentemente bellissime e stra-usate il cui significato può essere ridotto a nostro danno. Francesco salutava tutti chiamando in causa la pace, che è qualcosa che ci manca sempre. Non è solo il contrario della guerra intesa come scontri bellici internazionali, la pace ci manca dentro le lotte con le nostre ansie, con le nostre paure, con le nostre pretese. Per questo il digiuno personale è un’occasione, per ricordarci innanzitutto che non sono i potenti del mondo a dover trovare una soluzione per la pace internazionale, ma siamo noi quelli che mendicano il bisogno di una pace per i nostri conflitti. I due orizzonti stanno insieme, il macro del mondo e il micro di ogni anima, Francesco che salutava chiunque incontrasse invocando la pace, fu anche un grande costruttore di pace tra i popoli».
Maria Pia Alberzoni, professoressa di Storia Medievale, padre Francesco Piloni, Ministro della Provincia dei Frati Minori dell'Umbria, Davide Rondoni, poeta e presidente del comitato per l'ottavo centenario della morte del santo, Marco Villani, vicesegretario generale della presidenza del Consiglio dei Ministri: i relatori all'incontro di questa sera, sono politici, sacerdoti, studiosi, scrittori: significa che quanto più un santo è, come Francesco, alter Christus, al di là dei diminutivi, dei vezzeggiativi e della riduzione a idolo, tanto più avvicina l'uomo in ogni sua dimensione e resta mattone vivo, spigoloso, pietra d'inciampo e testata angolare sul modello di Cristo per l'Italia e per ogni popolo? «Sì, la misura dell’incontro è la cifra cristiana più coraggiosa e meno delicata possibile. Perché non è un incontrarsi a metà strada, rispettare le regole formali del galateo, ma è un’invasione di campo. Penso a cosa capitò a Zaccheo, al fatto che Gesù non volle solo parlare con lui in un luogo neutro, ma entrò a casa sua. Fu un’invasione dentro il domestico. Chi assomiglia a Cristo ha questa ipotesi di slancio verso l’altro, che fa incontrare chiunque e, però, senza carezze e sorrisi di circostanza. La voce di Francesco tuonò forte coi reggitori di popolo, ricordò a chi si occupa della cosa pubblica che siamo creature mortali, e che quindi l’unica pietra angolare su cui vale la pena costruire è quella di un Dio che ha vinto la morte. È solo un esempio per dire che l’incontro cristiano è apertissimo e spalancato a un’accoglienza senza asterischi, eppure è altrettanto deciso e senza riduzioni nel dichiarare la proposta sfidante e spesso ardua del Padre.»
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