Ieri è morto Luca, dal 1999 non poteva più camminare e parlare a causa di un incidente sugli sci in Alta Badia. Michela, la fidanzata, è rimasta sempre al suo fianco: «Quando c’è un amore vero e sincero, tutto si affronta meglio»
«L’amore conta. Conosci un altro modo per fregar la morte?», canta Ligabue. Sembra voler dire che non esista altro modo per essere vivi davvero se non amando. E questo lo porta inscritto nel profondo la storia di Luca Romanin e Michela Florean. Luca è morto all’età di 49 anni due giorni fa. La sua era una di quelle vite che molti oggi avrebbero gentilmente indirizzato al suicidio assistito, opzione che sbiadisce miseramente di fronte a storie come questa. Luca infatti era rimasto gravemente disabile (non camminava e non parlava più) per una caduta con gli scii avvenuta 26 anni fa. Michela, la sua fidanzata, decide di rimanergli accanto, lasciando il lavoro e dedicandosi interamente a lui. «In realtà non l’ho deciso. Perché, quando si prova un amore così grande, non si sceglie. Semplicemente si vive la situazione, e poi gli eventi fanno il loro corso», specifica Michela a Il Gazzettino.L’incidente è avvenuto in Alta Badia, quando Luca aveva 26 anni e Michela 23. Lui, sportivo, praticava calcio, basket, ciclismo e nuoto subacqueo. Lei lavorava in un negozio sportivo a Caorle (Venezia). Dopo l’incidente le condizioni di Luca, apparse da subito gravissime, lo hanno portato a due anni di ricovero tra gli ospedali di Bolzano e Udine. Dal suo ritorno a casa in poi sarà Michela a occuparsi di lui avendo ricavato per loro un appartamento all’interno dell’abitazione dei genitori di Luca.
Michela racconta il loro primo incontro: «Diciotto anni io, diciannove lui. Ci siamo conosciuti perché era venuto a giocare a basket nella palestra del mio paese, ed è stato il classico colpo di fulmine. […] Era bellissimo, ed è la prima cosa che mi ha colpito. Ci siamo conosciuti e il mese dopo eravamo già inseparabili. Stavamo iniziando a pianificare la nostra vita futura». Dopo l’incidente, prosegue Michela: «Luca non camminava e non parlava: il nostro era un linguaggio empatico, fatto di sguardi ed energie molto più sottili. Ma così siamo andati avanti. A livello di terapie, abbiamo provato di tutto: medicina salvavita, farmaci, fisioterapia, computer col puntatore oculare, osteopatia».
«Ho cercato di avere fede nel futuro, dedicandogli tutto il mio amore», racconta Michela, «con questo non voglio dire che sia stato tutto facile, tutt’altro. E io non volevo fare la crocerossina. Semplicemente, io per Luca ho provato, provo e proverò sempre un amore immenso». A rimanere colpiti da questo amore immenso che profuma di eternità sono stati anche i nipoti di Luca, Giorgia e Davide, figli del fratello Marco. Hanno così formato una band musicale insieme agli amici Mattia e Andrea dedicando alla coppia una canzone dal titolo “Endless Love”, un amore, appunto, eterno, senza fine.
«Nessuno dice mai che sia facile. E forse qualche Dio non ha finito con te», prosegue la canzone di Ligabue. Luca e Michela la morte l’hanno fregata, l’hanno saputa guardare in faccia quando si è mostrata con il volto della malattia e della disabilità. L’hanno trasformata in cura e amore senza fine. E visto che san Tommaso d’Aquino dice che «ogni verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo», ci sembra lecito dire che Ligabue ci aveva visto bene. Dio non ha finito con nessuno di noi, perché ha creato ogni essere umano, qualunque sia la sua condizione di vulnerabilità, per donargli infinito amore e dignità. E chiunque riversi, consapevole o meno, questo amore sul prossimo diventa un riflesso dell’amore di Dio. Solo l’amore conta e non scarta mai nulla.
(Fonte foto: Facebook)
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