Chiesa
Il referendum per la cannabis legale «ha un effetto de-formativo sulle coscienze»
Domenico Airoma, procuratore della Repubblica di Avellino e vicepresidente del Centro studi Livatino, intervistato dal Timone, commenta il quesito referendario
22 Settembre 2021 - 00:05
Ma non è questa l’unica criticità del referendum in questione, come ci ha illustrato Domenico Airoma (foto a lato), procuratore della Repubblica di Avellino e vicepresidente del Centro studi Livatino.
Lo chiamano “referendum sulla cannabis legale”, ma in più d’uno ha rilevato che si tratta in realtà di un tentativo di aprire alla coltivazione di ogni tipo di droga, anche quelle cosiddette “pesanti”, nonché allo spaccio di sostanze derivate dalla cannabis…
«Bisogna fare attenzione perché questo è un aspetto su cui giocano i proponenti del referendum, perché già adesso chi detiene per uso personale non commette reato: chi coltiva sul balcone di casa la piantina di cannabis, non va incontro ad alcuna sanzione.
Quindi il vero obiettivo dei proponenti del referendum ora qual è? Quello di arrivare a una liberalizzazione della coltivazione e dunque anche della vendita. Non ci sarebbe altrimenti alcun bisogno di intervenire sull’articolo 73, comma 1, eliminando quel tratto di fattispecie “coltiva”. Evidentemente dunque l’obiettivo è che chiunque coltivi qualsiasi sostanza stupefacente in qualsiasi quantità venga coltivata non costituisca più reato... e dunque si spalancano le porte anche a chi coltiva per fini di vendita.
Rispetto alla legalizzazione di tutte le droghe, poi, sul loro sito rispondono che non è così perché “ad eccezione delle infiorescenze di cannabis (e dei funghi), tutte le altre sostanze stupefacenti richiedono necessariamente passaggi successivi affinché la sostanza possa essere consumata, attività queste che continuano ad essere punite all’articolo 73”. Ma se si possono coltivare ettari di cannabis, chi poi controlla che non si portino avanti i passaggi successivi? Quindi se l’obiettivo è quello di non punire chi coltiva la piantina sul balcone, questo referendum non ha senso».
Un’altra criticità riguarda la sospensione della patente...
«Anche questo è un aspetto su cui si alimentano degli equivoci. Anche in questo caso, dicono, nessuno ha ipotizzato la soppressione dell’articolo 187 del Codice della Strada che punisce chi è colto alla guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. Ma attenzione, la sanzione, che è invece accessoria, che sospende la patente di guida prevista all’articolo 75 DPR 309/90 ha un’altra finalità, che è preventiva, per evitare che ci si metta alla guida: è una difesa anticipata. Per proteggere l’incolumità individuale, che è un bene talmente grande, è giusto anche attuare difese anticipate».
Se il referendum dovesse essere accolto favorevolmente dalla popolazione, che scenario si prospetta?
«Io faccio due considerazioni, in genere.
In primo luogo, ovviamente, c’è il messaggio. Ogni legge, in questo caso il referendum abrogativo, ha un effetto di formazione sulle coscienze. E in questo caso il messaggio che viene veicolato è che si possono coltivare, così come le patate e i pomodori, anche piante di cannabis, oppiacei e altro. Quindi c’è un effetto de-formativo sulle coscienze, soprattutto delle giovani generazioni, purtroppo. Noi da un lato ci scagliamo contro la ludopatia, giustamente, ma poi dall’altro lato chiudiamo gli occhi di fronte a questo oggettivo incitamento all’uso di sostanze stupefacenti.
In secondo luogo, non dimentichiamo gli effetti che questo può avere sulla criminalità organizzata. Ora, questa depenalizzazione della coltivazione apre autostrade alla criminalità organizzata che comincerà, ovviamente, a questo punto a investire, attraverso prestanome evidentemente, in coltivazioni di cannabis e oppiacei. Che male c’è, se la legge me lo consente?».











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