La multinazionale dell’intrattenimento resta associata nell'immaginario collettivo ai lungometraggi fiabeschi degli inizi, ai personaggi che ha reso celebri nel mondo. Oggi è in realtà una sofisticata macchina di propaganda del pensiero dominante
Le opere curate da Walt Disney, confrontate con quanto si produce oggi anche da parte della stessa Disney attuale, risultano accettabili, persino ingenue: si tratta, in gran parte, di spettacoli per famiglie dove le famiglie sono protagoniste. Se è vero che ha edulcorato le fiabe del folklore europeo o ne ha ridisegnato molte caratteristiche, ciò che resta è accettabile e mantiene un valore educativo.
I veri problemi nascono dopo la morte di Walt (1966) e quella del fratello Roy Oliver (1971) che ne aveva preso l’eredità. Dagli anni Settanta, la Disney si trasforma e diviene sempre più grande; poi arriva sull’orlo della bancarotta. La vera mutazione avviene dopo una serie di insuccessi e tentativi di acquisizione durante la direzione di Roy Edward Disney, nipote del fondatore. A quel tempo entrano nella società magnati e finanzieri di Hollywood come Will Eisner e Jeffrey Katzenberg. Sotto l’influsso di questi, tra il 1989 e il 1999 ebbe luogo quella che viene chiamata la Disney Renaissance, un mutamento di visione, una trasformazione del modo di intendere gli spettacoli e la diffusione di ideologie anticristiane fra i creativi Disney...