Venerdì 05 Dicembre 2025

Ricolfi: «Ventotene, manifesto di una spaventosa distopia anti-democratica»

Pesante critica al testo sacro europeista da parte del sociologo (progressista)

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Facciamo un passo indietro per chi avesse bisogna di un piccolo ripasso di storia. Torniamo al 1941 quando Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, nel periodo in cui erano stati confinati sull’isola di Ventotene per essersi opposti al regime fascista, idearono un progetto di unità europea. Il Manifesto derivò dalle riflessioni raccolte durante la cosiddetta “guerra dei 30 anni” - 1914-1945 - e porta avanti l’idea di un continente europeo unificato. Il titolo originale infatti era «Per un’Europa libera e unita», meglio conosciuta poi con «Il Manifesto di Ventotene». Ora, cosa c’entra Ventotene con le manifestazioni di sabato e con il successivo discorso della premier Giorgia Meloni a Montecitorio? Sabato in migliaia hanno partecipato alla manifestazione promossa dai sindaci di 14 città italiane dopo l’appello del giornalista e scrittore Michele Serra, tingendo del blu della bandiera europea il centro della Capitale.  A intervenire sul palco intellettuali, attori, scrittori e musicisti sotto lo slogan comune: «L’Europa siamo noi». «Non so se questa è la vostra Europa, ma certamente non è la mia», così Giorgia Meloni ha concluso il suo discorso alla Camera. La premier ha citato alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene rivolgendosi alle opposizioni: «Non mi è chiarissima neanche la vostra idea di Europa, perché nella manifestazione di sabato a piazza del Popolo e anche in quest’aula è stato richiamato da moltissimi partecipanti il Manifesto di Ventotene: spero non l’abbiano mai letto, perché l’alternativa sarebbe spaventosa». La premier ha così citato testualmente alcuni passaggi commentandoli. «La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista»; la proprietà privata «deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente». «Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente»; «nel momento in cui occorre massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni»; «la metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria». Così in aula inizia il trambusto, e la Meloni riprende il discorso con l’ultima citazione: «Il partito rivoluzionario attinge alla visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo Stato e intorno a esso la nuova vera democrazia». È interessante commentare l’accaduto con il pensiero del sociologo Luca Ricolfi, esposto prima della bagarre di ieri in Aula e quindi insospettabile non solo di simpatie conservatrici, essendosi sempre dichiarato progressista, ma anche di voler difendere a spada tratta Meloni. «Quel che mi lascia perplesso», afferma Ricolfi, «è il modo in cui il Pd e la stampa progressista (con la lodevole eccezione de La Stampa di Torino), stanno cercando di supplire al vuoto politico della piazza di sabato: lo scongelamento del Manifesto di Ventotene fatto passare come il manifesto degli Stati Uniti d’Europa, progetto luminoso tradito dalle classi dirigenti dell’Unione europea». «Ebbene», esorta, «leggetelo questo benedetto Manifesto di cui tutti parlano ma che quasi nessuno ha letto. Perché se non lo leggete non potete rendervi conto di quale spaventosa distopia anti-democratica avessero in mente i suoi autori. I quali avevano sì in mente un edificio grandioso, un unico super-stato europeo, propedeutico a un futuro stato unico mondiale. Ma pensavano di imporlo dall’alto, con una crisi rivoluzionaria e socialista, attraverso “la dittatura del partito rivoluzionario”, senza libere elezioni, contro le timidezze dei democratici, accusati - tra le altre cose - non ammettere un sufficiente ricorso alla violenza». Esprimendo preoccupazione Ricolfi afferma: «Mi sconcerta che nessuno dei tanti intellettuali, scrittori e giornalisti italiani che hanno esaltato il Manifesto di Ventotene […] si siano accorti del suo contenuto anti-democratico. Perché delle due l’una: o il Manifesto non l’hanno letto, e ne parlano senza conoscerlo; o il Manifesto l’hanno letto, e sono così poco democratici da non rendersi conto del suo contenuto distopico». Non è il solo a denunciare le pagine di quel Manifesto, l’intellettuale Luigi Iannone ne ha infatti descritto il contenuto con queste parole: «Un modello di super Stato, dotato di un potere totalizzante su ogni aspetto della vita politica e sociale di ogni individuo e di ogni specifica comunità». In ultimo, citiamo il giornalista ed ex vicedirettore del Corriere della Sera Pierluigi Battista, che in un’intervista concessa a Hoara Borselli per Il Giornale una volta prese le difese di Meloni ha affermato che questo caos su Ventotene viene fuori «perché i giovani politici non sanno. Non conoscono la storia, non sanno cosa succedeva nel ’41. Non sanno neppure che nel ’41 l’Urss era ancora alleata di Hitler e l’unico che si opponeva al nazismo era Churchill». Allora, come abbiamo detto all’inizio, riapriamoli questi libri di storia, che un ripasso male non fa. (Fonte foto: Imagoeconomica) ABBONATI ORA ALLA RIVISTA!

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