Martedì 02 Dicembre 2025

Elettrico, solo 4 case di auto vanno bene (e 3 sono cinesi)

I produttori di auto elettriche sono centinaia. Ma pochissimi fanno veri guadagni

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Vale anche sul fronte esistenziale: gli assoluti, i sempre e i tutto, usati per definire una situazione e disegnare prospettive, di solito, semplificano pericolosamente ciò che per natura è più complesso. Lo stesso succede per i settori merceologici e per le decisioni prese dall'alto e imposte alle imprese: non tengono conto della reale complessità della situazione mondiale e nemmeno, fino in fondo, della redditività e della sostenibilità ambientale di un settore. E forse la tragedia è che chi lo fa ne è ben consapevole ma non gli interessa, non gli interessa il prezzo esorbitante che l'economia mondiale e le persone pagheranno.

Parliamo in particolare dell'elettromobilità, decisa e imposta a tappe forzate al grido di "salviamo il pianeta", senza tenere in giusto conto la necessità etica di preservare posti di lavoro, imprese, libertà dei consumatori che poi sarebbero le persone. (O forse, di nuovo, non avendo nessuna adesione nei confronti dei principi etici che ancora tutti i possessori di buon senso ritengono validi). Come sta andando il settore dei veicoli elettrici puri?

A quanto pare non bene come dovrebbe. Solo 4 sono le aziende in salute e tre sono cinesi. L'altra, naturalmente, è l'americana Tesla, marchio che Elon Musk non ha creato direttamente, ma è riuscito a far marciare speditamente e faticosamente verso il successo. Altro suo merito è quello di aver creato intorno al veicolo una nuova idea di mobilità e un intero ecosistema che permette ai fruitori Tesla di effettuare ricariche, di avere l'assistenza necessaria e ora anche di avere un significativo mercato dell'usato. L'esperienza di guida e in generale di utilizzo è gradevole, la riduzione dell'impatto inquinante, almeno quello immediato e visibile all'utente finale, è percepibile.

Ma per produrre e smaltire le batterie quanto si devasta il famoso pianeta azzurro che ormai sembra color terre rare e livido per lo strapotere dei pochi che se ne appropriano (leggasi Cina)? Secondo una ricerca, leggiamo su un blog di settore, alle-autos,  «nonostante il boom dei veicoli elettrici, uno studio recente rivela un risultato sorprendente: delle centinaia di produttori di auto elettriche in tutto il mondo, solo quattro riescono a operare in modo redditizio, tre dei quali sono cinesi». Sebbene il mercato delle auto elettriche sia in costante crescita, la condizione economica delle aziende produttrici è molto meno incoraggiante:«dopo un'analisi approfondita condotta da Rho Motion, che ha esaminato il rapporto tra utile operativo e vendite, solo quattro produttori sono risultati effettivamente redditizi.»

Tesla è in testa e può contare su un margine del 7,2%, un dato che stacca la casa americana leader del settore dagli altri attori mondiali, nonostante stia registrando una significativa flessione nel tempo. «Al secondo posto si colloca BYD con un margine operativo del 6,4%. A differenza di Tesla, l'azienda cinese sta registrando una crescita continua della sua redditività. BYD è attualmente impegnata in una gara testa a testa con Tesla per la leadership del mercato mondiale dei veicoli elettrici e potrebbe presto superare il suo concorrente americano. È interessante notare che BYD non produce solo auto elettriche pure, ma ha anche modelli ibridi plug-in nel suo portfolio. Di recente, il produttore cinese ha suscitato scalpore anche con un nuovo sistema che compensa il più grande svantaggio delle auto elettriche e riduce drasticamente i tempi di ricarica.» Seguono nella breve lista dei produttori con margine di redditività altri due marchi cinesi: Li Auto e Seres.

La notizia principale sta dunque nel lungo elenco delle aziende che restano fuori: la grande maggioranza dei produttori, molti dei quali sono ancora una volta cinesi, sta subendo perdite significative, vedi Zeekr, Leapmotor, Xpeng, Nio che, nonostante la presenza sul mercato europeo continuano ad avere una brutta cera in termini di salute finanziaria. Più drammatiche ancora le condizioni in cui versano aziende non cinesi, come la saudita Lucid Motors che «ha registrato uno sbalorditivo margine operativo pari al -374 percento nel 2024 . Rispetto al -500 percento dell'anno precedente, questo dato rappresenta un certo miglioramento, ma evidenzia ancora le enormi sfide finanziarie. Lucid sopravvive principalmente grazie al sostegno del fondo sovrano saudita.» Di sicuro il settore si trova in una fase critica per stabilire quanti e quali saranno gli attori a restare in scena, in vista della poco metaforica dead line del 2035 che impone il divieto di circolazione ai veicoli a combustione sul territorio UE.

«I prossimi anni saranno cruciali per stabilire se un numero maggiore di produttori riuscirà a entrare nella zona di profitto o se il consolidamento del mercato porterà al predominio di pochi grandi operatori. In ogni caso, i quattro produttori di auto elettriche più redditizi hanno acquisito un vantaggio significativo nella competizione globale per il futuro della mobilità.» Ciò che non vediamo e che invece andrebbe considerato con più lucidità e pacatezza, anche grazie a un'informazione onesta e non ideologizzata (in pochi però sembrano rispondere all'appello), è che l'elettrico non dovrebbe essere imposto come l'unica soluzione vantaggiosa per l'ambiente e per le economie del mondo, innanzitutto perché non è vero.

Il Timone fa la sua parte e per questo rimandiamo in particolare a due risorse per comprendere i gravi pericoli dell'estremismo e assolutismo green: l'intervista a Nicola Porro pubblicata nel numero di Aprile (qui per abbonarsi), e il libro di Fabio Dragoni, Per non morire al verde, imprescindibile strumento critico per leggere il fenomeno e considerare prospettive diverse.

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